Nel numero scorso, in questa stessa rubrica, abbiamo
parlato della cosiddetta radiazione di corpo nero. L’interesse per questo tipo
di radiazione scaturisce dalla sua estrema generalità. Meccanismi microscopici diversi
producono radiazione di diversa caratteristica, ognuna con proprie lunghezze d’onda
peculiari, ovvero – per dirla con un linguaggio più tecnico – ognuna con una
propria distribuzione spettrale. Tuttavia, se l’insieme di atomi ed elettroni sono
ammassati in un corpo ad alta densità, la radiazione emessa da ogni particella urta molte
volte contro le altre particelle prima di raggiungere la superficie. Indipendentemente
dalla sostanza di cui è composto il corpo e dallo specifico meccanismo microscopico che
produce i fotoni, lo spettro della radiazione emergente è sempre lo stesso e dipende solo
dalla temperatura del corpo.
Questa radiazione è appunto quella del corpo nero, e la sua universalità è dovuta ai
ripetuti urti che cancellano la memoria del meccanismo specifico di emissione. Le stelle,
ad esempio, sono oggetti molto densi e l’energia nucleare liberata nel loro centro
assume con buona approssimazione uno spettro di corpo nero lungo il tragitto verso la
superficie. Ma esiste in natura una radiazione il cui spettro ricalca perfettamente quello
di corpo nero. Questa radiazione ha avuto origine insieme all’universo 15 miliardi di
anni fa e rappresenta una testimonianza "fossile" in grado di rivelarci indizi
preziosi sui primissimi anni di vita del cosmo.Oltre che dalla materia, l’universo
è riempito dalla cosiddetta radiazione cosmica di fondo. Essa è stata scoperta nel 1965
da Penzias e Wilson, che per questo vinsero il premio Nobel.
Questa scoperta fu del tutto casuale. Penzias e Wilson erano due ingegneri della Bell
Telephon che stavano studiando le proprietà del rumore radio dovuto all’atmosfera in
connessione con il progetto del satellite per telecomunicazioni Telestar. Essi rilevarono
un "disturbo" uniforme alle frequenze delle microonde che non poteva essere
dovuto ad alcun rumore strumentale o sorgente radio nota. Inoltre il segnale era isotropo,
ovvero la sua intensità era sempre la stessa, indipendentemente dalla direzione verso cui
si puntava l’antenna. Dopo un’attenta analisi i due ingegneri giunsero dunque
alla conclusione di avere individuato una radiazione di fondo di natura extraterrestre.
L’esistenza di una tale radiazione era stata descritta dal fisico russo George Gamow
a metà degli anni ’40, ma questa predizione non era nota a Penzias e Wilson. Fu un
gruppo di fisici teorici dell’Università di Princeton a capire immediatamente che il
disturbo scoperto era in realtà il calore residuo del Big Bang. In effetti, al tempo
della sua scoperta la radiazione cosmica era stata misurata solo a poche lunghezze
d’onda, e il suo spettro poteva avere spiegazioni alternative.
Negli ultimi trent’anni, tuttavia, è stato fatto ricorso a tecniche osservative
sempre più sofisticate utilizzanti antenne da terra, missili, palloni e, recentemente, il
satellite COBE, lanciato nel 1991. Questo satellite ha avuto un vantaggio enorme rispetto
alle strumentazioni precedenti: era in grado di evitare l’assorbimento atmosferico
che disturba le osservazioni da terra a lunghezze d’onda submillimetrica.
Lo spettro evidenziato da COBE è vicinissimo a quello di un corpo nero ideale alla
temperatura di 2,726 gradi Kelvin (-270,274 C).
Nonostante la grande uniformità della radiazione di fondo, COBE è riuscito ad
individuare fluttuazioni di temperatura T. Dunque la radiazione non ci giunge
esattamente con la stessa intensità da ogni direzione, ma regioni diverse della sfera
celeste (delle dimensioni angolari di  ~10o) presentano piccolissime
variazioni della temperatura della radiazione di fondo il cui valore percentuale è pari a
T / T ~ 10-5
.
Ma qual è il significato della radiazione cosmica e delle sue fluttuazioni?
Come è noto, secondo la teoria del Big Bang l’universo ha avuto origine da una
grande esplosione iniziale in cui la materia aveva valori di densità e temperatura
enormi. La materia era composta da particelle elementari ed era così densa da essere
totalmente opaca alla radiazione del Big Bang. I fotoni urtavano ripetutamente con la
materia e, per quanto abbiamo detto all’inizio, la radiazione assunse lo spettro di
corpo nero.
Con l’espansione dell’universo anche le lunghezze d’onda della radiazione
di fondo si "allungano" e la radiazione stessa perde energia (ricordiamo che
l’energia trasportata da un’onda elettromagnetica è inversamente proporzionale
alla sua lunghezza d’onda).
E' come se la radiazione fosse emessa da un corpo nero a temperatura inferiore. Si dice
allora che la radiazione di fondo è andata "raffreddando" con l’espansione
dell’universo, passando dalle centinaia di migliaia di miliardi di gradi dei primi
istanti fino all’attuale infimo valore. Furono proprio queste considerazioni a
portare Gamow alla previsione dell’esistenza di una radiazione cosmica di fondo con
il caratteristico spettro di corpo nero.
La scoperta dell’esistenza della radiazione cosmica rappresenta di per sé un
tassello fondamentale nello studio della cosmologia ed una prova incontrovertibile della
reale esistenza di una grande esplosione iniziale. Tuttavia, come abbiamo accennato, lo
studio delle disomogeneità di questa radiazione è altrettanto importante perché ci
permette di ottenere informazioni sulle origini delle galassie. Per capire questo punto
dobbiamo accennare alle idee correnti riguardo la formazione delle strutture attualmente
osservate nell’universo.
Se il gas in espansione del neonato universo fosse perfettamente uniforme, ogni suo
elemento verrebbe attratto gravitazionalmente in uguale misura in ogni direzione dagli
altri elementi circostanti. L’effetto risultante sarebbe nullo e nessuna galassia
potrebbe formarsi.
Assumiamo invece che il gas, pur uniforme su larga scala, presenti
"increspature" in cui la densità è un poco più alta o più bassa di quella
media, analogamente alla superficie di un mare calmo che sia tuttavia percorso da onde di
piccola ampiezza. In questo caso un generico elemento di gas verrà attratto con maggior
vigore verso una vicina fluttuazione positiva (cioè con densità superiore alla media) ed
andrà ad aggregarsi a questa. L’increspatura, aumentando di massa, attrae con
maggiore intensità il fluido circostante incrementando ulteriormente la propria massa, e
così via. Gli aggregati così formati hanno poi dato luogo, nel corso di 15 miliardi di
anni, a stelle, galassie ed ammassi di galassie. Ogni traccia delle piccole disomogeneità
da cui le attuali imponenti strutture si sono originate sembrerebbe ormai scomparsa.
Ma in effetti non è così. Abbiamo detto che inizialmente la materia era talmente densa
da essere opaca alla radiazione. Col progredire dell’espansione e il diminuire della
temperatura le particelle elementari hanno avuto modo di "coagularsi" in
particelle ordinarie come protoni e neutroni; questi poi si sono aggregati formando i
nuclei atomici. Infine, quando la temperatura è calata a 4000 gradi, l’attrazione
elettrica tra nuclei atomici ed elettroni è riuscita a prevalere sull’agitazione
termica delle particelle e i nuclei atomici sono stati in grado di catturare gli elettroni
che fino a quel momento si erano mossi liberamente.
A questo punto il gas, composto essenzialmente da atomi neutri che interagiscono
scarsamente con la radiazione, è diventato trasparente e materia e radiazione si sono disaccoppiate.
Questo significa che il "gas" di fotoni non è stato più costretto a seguire il
destino del gas di atomi: mentre quest’ultimo è condensato gravitazionalmente in
frammenti che daranno luogo alle galassie, la radiazione ha continuato a riempire
uniformemente tutto lo spazio, come è osservativamente confermato.
Tuttavia, al momento del disaccoppiamento, avvenuto circa 200.000 anni dopo il Big Bang,
parte del gas di fotoni si trovava all’interno delle fluttuazioni positive di
materia, occupandone e condividendo gli stessi volumi di spazio. Nel proseguire il loro
viaggio attraverso l’universo questi fotoni fuoriuscirono dall’addensamento in
cui si trovavano perdendo energia perché contrastati dalla gravità
dell’addensamento stesso: una situazione analoga a quella di un sasso che, lanciato
verticalmente in aria, rallenta progressivamente a causa della gravità terrestre.
Abbiamo già visto che una radiazione di corpo nero che perde energia si può dire che
raffredda. Ci si aspetta allora che tutti i fotoni che, al tempo del disaccoppiamento, si
trovavano all’interno di fluttuazioni positive di densità, appaiano più
"freddi" degli altri. Il meccanismo appena descritto va sotto il nome di effetto
Sachs-Wolfe, ed è ritenuto responsabile della maggior parte delle fluttuazioni
spaziali in temperatura della radiazione di fondo.
L’analisi dettagliata di queste fluttuazioni è assai più complicata di quanto la
presente esposizione possa far supporre e necessita di un apparato matematico molto
complesso. Questo è dovuto al fatto che vi è una serie di fenomeni
"collaterali" che si sovrappongono e che vanno isolati ed analizzati.
Ad esempio, i fotoni che giungono fino a noi hanno attraversato un certo numero di ammassi
di galassie. Se l’ammasso nel suo insieme è stazionario (non varia le sue
dimensioni) questo attraversamento non altera l’energia, e dunque la temperatura, dei
fotoni: infatti durante la prima metà dell’attraversamento la radiazione
"cade" verso l’ammasso e la gravità ne aumenta l’energia. Nella
seconda metà, tuttavia, la fuoriuscita dei fotoni è contrastata dalla gravità
dell’ammasso e la radiazione perde l’energia che aveva guadagnato, ritornando
alla temperatura iniziale. Se però l’ammasso di galassie non si è ancora assestato
e sta variando le sue dimensioni, la simmetria tra entrata e uscita si spezza e
l’effetto netto è una variazione della temperatura della radiazione.
Un’altra complicazione è legata al fatto che non tutte le perturbazioni iniziali di
densità hanno la stessa estensione, ma ve ne sono di tutte le dimensioni, proprio come le
onde di diversa lunghezza presenti contemporaneamente ed in sovrapposizione sulla
superficie del mare; perturbazioni di diversa ampiezza e dimensione si comportano
diversamente.
Queste ed altre difficoltà, come s’è detto, rendono assai complicata l’analisi
della radiazione cosmica. Ma è proprio questa complessità che rende la radiazione di
fondo un potente strumento d’indagine. Le sue disomogeneità dipendono dalla densità
e dall’età dell’universo, oltre che dalla percentuale di materia scura (quella
materia, cioè, che non è possibile osservare direttamente perché non emette radiazione,
ma la cui presenza è dedotta in base ai suoi effetti gravitazionali ed è ritenuta essere
dieci volte più abbondante della materia ordinaria).
Riuscire ad interpretare le caratteristiche della radiazione cosmica equivale ad ottenere
informazioni su tutte queste quantità.
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