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L’equazione del tempo
Claudio
Elidoro
Non so se, di
fronte a una meridiana, al lettore succeda la stessa cosa, ma a me viene
quasi spontaneo guardare subito il mio orologio da polso. Non è che non
sappia leggere ciò che mi dice l’orologio solare – benché, talvolta, ci si
imbatta in schemi un po’ complicati – ma è quasi un riflesso incondizionato,
dettato forse dalla voglia di vedere “quanto preciso” possa essere l’orario
descritto dall’ombra sul muro. Ovviamente è molto difficile che le due
indicazioni dell’orario siano pienamente concordi, ma la colpa non è certo da
ascrivere alla cattiva progettazione e realizzazione della meridiana. Tutt’altro. Sveliamo
subito il colpevole: tutto dipende dal moto della Terra intorno al Sole, un
moto che non è affatto così regolare come potremmo pensare. Optando per una visione
più geocentrica, potremmo dar la colpa alla non regolarità del movimento del
nostro astro diurno sulla volta celeste, ma la sostanza rimarrebbe comunque
la stessa. Dopo aver additato il colpevole, però, è necessario soffermarsi ad
analizzare, almeno per sommi capi, gli elementi in gioco nell’intera
faccenda. Finché
lo scorrere del tempo nelle attività umane è stato scandito unicamente dal
ritmico sorgere e tramontare del Sole e dai suoi giochi d’ombra, non si
poneva alcun problema. Il mezzogiorno veniva con precisione decretato dalla
culminazione del Sole: era cioè l’istante in cui il nostro astro raggiungeva
la sua massima altezza in cielo. E poco importava se nella città vicina tale
culminazione avvenisse prima o dopo – ancora non c’era motivo di doversi
preoccupare della sincronizzazione dei tempi – e men che meno si sentiva
l’impellente esigenza di controllare la regolarità del cammino del Sole in
cielo. A partire del xvii
secolo, però, l’ingegno umano cominciò a ideare meccanismi sempre più precisi
per misurare e indicare lo scorrere del tempo e ben presto ci si accorse che
il moto diurno del Sole non era affatto regolare (a dire il vero, già i
Babilonesi se n’erano accorti e Tolomeo aveva dedicato all’argomento un
intero capitolo del suo Almagesto). La
necessità di uniformare per ragioni pratiche – almeno all’interno di uno
stesso stato – l’indicazione dell’orario fece sì che dalla metà del xix secolo venisse preferito al tempo
solare (cioè quello indicato dalle meridiane) il tempo solare medio indicato
dagli orologi[1]. In pratica ci si mise tutti quanti
d’accordo e si stabilì che ciascun giorno fosse lungo esattamente 24 ore. Un
errore dal punto di vista astronomico, ma certamente un’incredibile comodità
nella misurazione dell’orario necessaria per tutte le attività umane. È
proprio questa scelta che sta all’origine del disaccordo tra meridiane e
orologi cui si accennava all’inizio: rispetto al regolare scorrere dei
secondi segnato da un orologio, infatti, il tempo scandito dal Sole non è
altrettanto regolare. Questo comporta che i due orologi non indichino lo
stesso orario e l’orologio solare si trovi ad essere talvolta in anticipo
oppure in ritardo rispetto a quello meccanico o elettronico, una differenza
che può anche superare i 16 minuti. Tale differenza, variabile nel corso
dell’anno, tra il “tempo solare vero” e il “tempo solare medio” è nota come Equazione
del tempo e il suo valore è identico, allo stesso istante, per tutti i
luoghi della Terra. Si
diceva che all’origine dell’Equazione del tempo vi è il moto irregolare della
Terra intorno al Sole. Molte sono le componenti di tale irregolarità, ma sono
in particolare due quelle che interessano la nostra analisi: l’eccentricità
dell’orbita terrestre e la sua inclinazione (obliquità dell’eclittica). Se
La
seconda irregolarità che consideriamo è quella imputabile all’inclinazione
esistente tra il piano dell’orbita e l’asse di rotazione terrestre. Questa
benefica inclinazione assicura il regolare susseguirsi delle stagioni, ma per
chi osserva il moto del Sole in cielo comporta che, nel corso dell’anno, il
nostro astro appaia più alto o più basso rispetto all’orizzonte. Il cammino
del Sole, in altre parole, non è un moto regolare lungo l’equatore celeste ed
ecco che la componente “verticale” del suo spostamento diventa fonte di
irregolarità rispetto al movimento costante che sta alla base del tempo
indicato dagli orologi. In particolare, i due tempi saranno perfettamente
identici in occasione degli equinozi e dei solstizi, ma negli altri giorni il
Sole accumulerà fino a quasi 10 minuti di ritardo (o di anticipo) rispetto ai
nostri orologi. Ovviamente,
nel corso dell’anno, queste due irregolarità si sommano tra loro e la
situazione può essere riassunta nel grafico mostrato in Fig. 1. Il sommarsi o l’annullarsi
delle due irregolarità fa sì che una meridiana si trovi “avanti” di circa 16
minuti e mezzo rispetto agli orologi nei primi giorni di novembre, mentre
resterà “indietro” fino a 14 minuti nei giorni intorno a metà febbraio. I
più attenti hanno sicuramente notato che molto spesso le meridiane solari
recano proprio un grafico molto simile a quello raffigurato (ovviamente viene
riportata soltanto la risultante delle due irregolarità). È un tacito invito,
se si vuole valutare l’accuratezza della meridiana nell’indicarci l’ora, a
non dimenticarci della pesante componente racchiusa nell’Equazione del tempo. Fig. 1. Equazione del
tempo. Nel grafico sono riportate le componenti dell’Equazione del tempo
dovute all’eccentricità dell’orbita della Terra (linea rossa) e
all’inclinazione dell’asse terrestre rispetto al piano dell’orbita (linea
nera). Il risultato della loro composizione (linea azzurra) rappresenta
l’andamento dell’Equazione del tempo nel corso dell’anno. |
[1] Per chi fosse interessato ad approfondire questi
argomenti, può vedere in questa rivista: A. D'Ercole,
Storia del Tempo, 1998, n. 3, p. 2; F.
Pollastri, Visita guidata alla misura del Tempo, 1998, n. 3, p.
18; T. Aebischer, La correzione del tempo: i secondi
bisestili, 2004, n. 3, p. 4.