E = mc2
Annibale D'Ercole
Osservatorio Astronomico - Bologna

Quale collegamento può esserci tra la romantica immagine di un infuocato tramonto sul mare e le immagini delle devastazioni di Hisroshima e Nagasaki prodotte dalle esplosioni delle bombe atomiche? Apparentemente nessuna. In verità, però, un legame esiste ed è dato dalla celeberrima formula di Einstein, E = mc2.

Questa è, forse, la formula più popolare di tutta la fisica; la si può trovare scritta sulle magliette, o su poster di 60×90 cm di Einstein o riportata in qualche spot pubblicitario. Negli Stati Uniti E = mc2 è anche il nome di una bibita gassata, un campeggio scientifico per adolescenti in Texas e la bandiera di un consorzio di distretti scolastici nel New Jersey che mira a migliorare l’insegnamento scientifico. È anche il titolo di un bestseller francese di Patrick Cuvin (E = mc2, mon amour). Compare nel nome di società giapponesi di grafica e in sistemi Internet francesi, in gruppi di studio dell’Arizona e in istallazioni d’arte di vari paesi. È dappertutto: simbolo di genialità, segno di potere, preannuncio di distruzione. Moltissimi la conoscono, anche se assai meno sono coloro che ne intendono correttamente il significato.

La formula è una conseguenza della Teoria della Relatività Speciale e sancisce l’equivalenza tra massa ed energia. Ma cosa significa esattamente?

Nel xix secolo sorse un grande dibattito tra i fisici, per cercare di capire quale fosse la sorgente di energia del Sole. Le reazioni nucleari erano ancora sconosciute e l’idea dominante era che l’elevata temperatura del Sole (6000 gradi Kelvin alla sua superficie) fosse dovuta alla compressione del gas che lo compone a causa della sua stessa gravità. Quando gonfiamo le ruote di una bicicletta notiamo che la pompa si scalda; questo avviene perché parte del lavoro che noi facciamo per comprimere l’aria si trasforma in calore (questo effetto è dovuto alla prima legge della termodinamica e si verifica anche nel caso ideale di una totale assenza di attrito). Analogamente, si riteneva che gli strati esterni del Sole, comprimendo con il loro peso gli strati più interni, ne innalzassero la temperatura producendo la luminosità osservata. Questa luminosità fa perdere energia al Sole che, per mantenere la propria temperatura, deve continuare a contrarsi. Il Sole dunque morirebbe dopo essersi ridotto a dimensioni tali da non poter subire ulteriori contrazioni. Il tempo di vita così calcolato risultava essere di 60 milioni di anni. Questa conclusione era incompatibile con i dati che i paleontologi e i geologi andavano accumulando. Sebbene questi scienziati non fossero in grado di fare precise stime quantitative (la radioattività non era stata ancora scoperta), risultava sempre più evidente che i tempi richiesti dalle teorie evolutive che si andavano affermando – sia per gli esseri viventi, che per la crosta terrestre – dovevano essere molto più lunghi della vita del Sole allora stimata. La scoperta delle reazioni nucleari, avvenuta all’inizio dello scorso secolo, risolse questo contrasto.

I protoni sono particelle cariche positivamente e tendono quindi a respingersi. Tuttavia, se si trovano in un ambiente molto “affollato” (alta densità) e sono dotati di un’alta velocità di agitazione termica (alta temperatura) riescono a scontrarsi, rimanendo poi “attaccati” grazie alla forza nucleare attrattiva che agisce solo a distanze dell’ordine di un nucleo atomico (≈ 10 -13 cm). Nel centro del Sole, effettivamente, le condizioni sono tali da permettere le reazioni nucleari e coppie di protoni e di neutroni si legano per formare nuclei di elio, ciascuno costituito, appunto, da due protoni e due neutroni. Il nucleo di elio, tuttavia, risulta più leggero della somma dei suoi quattro componenti. La massa mancante m si è trasformata in energia E che giunge fino a noi sotto forma di onde elettromagnetiche. Dato l’alto valore della velocità della luce c (≈ 300.000 km/s), tramite la formula E=mc2, una piccola massa è in grado di produrre una notevole quantità di energia. Di conseguenza, il Sole risulta in grado di brillare con la sua attuale luminosità per circa10 miliardi di anni, un lasso di tempo ampiamente sufficiente a permettere l’evoluzione sulla Terra.

Sfortunatamente, la formula di Einstein non è servita solo a comprendere il meccanismo di funzionamento del Sole, ma ha anche permesso la costruzione delle bombe atomiche. Le bombe sganciate sul Giappone avevano una potenza enorme, pari 10-20.000 tonnellate di tritolo (kiloton). Le bombe più recenti producono un’energia mille volte maggiore. Tuttavia, la loro efficienza rimane alquanto bassa e la gran parte della massa originaria non viene convertita in energia.

Cosa si oppone ad una trasformazione totale? La risposta è data dalle leggi di conservazione. Ad esempio, un elettrone non può svanire in una vampata di energia, perché così verrebbe meno la conservazione della carica elettrica. È diverso il caso in cui un elettrone collide con un positrone, la sua antiparticella con carica elettrica positiva. In questo caso, la carica totale della coppia di particelle è nulla e le loro masse possono trasformarsi completamente in energia.

 


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