L’effetto Casimir
Annibale D'Ercole
Osservatorio Astronomico - Bologna

L’effetto Casimir si manifesta come una piccola forza attrattiva che agisce tra due lamelle piane metalliche non cariche, vicine e parallele. Questo effetto è stato predetto nel 1948 dal fisico olandese Hendrick Casimir e verificato sperimentalmente dopo circa cinquant’anni. Per molto tempo esso ha rappresentato poco più di una curiosità, ma in anni recenti ha ricevuto una crescente attenzione nell’ambito delle nanotecnologie. Esso inoltre rappresenta la prova sperimentale di quell’energia del vuoto invocata dai cosmologi per spiegare l’accelerazione dell’espansione dell’universo inaspettatamente scoperta negli ultimi anni.

          L’effetto Casimir è dovuto alle fluttuazioni nel vuoto del campo elettromagnetico. In fisica classica lo spazio vuoto rappresenta una sorta di contenitore inerte in cui nulla può accadere. In meccanica quantistica, invece, il vuoto non è vuoto! Esso contiene un “ribollire” di particelle elementari — elettroni, antielettroni, fotoni, ecc. — che vengono create dal nulla e rapidamente tornano al nulla, annichilendosi ognuna con la propria antiparticella. Per distinguerle dalle particelle reali, queste evanescenti particelle del vuoto quantico vengono dette virtuali. Come un gas esercita una pressione sulle pareti del recipiente che lo contiene, tramite l’incessante bombardamento delle pareti da parte delle molecole che lo compongono, così le particelle virtuali esercitano una pressione sulle pareti di una superficie posta nel vuoto. Essendo il bombardamento (la pressione) uguale su entrambe le facce, l’effetto netto di questo fenomeno è nullo. Se però si pongono due lamelle una di fronte all’altra si opera una selezione, per cui nello spazio tra le due lamelle solo determinate particelle di fissata energia possono essere create, mentre nello spazio esterno il vuoto continua a “produrre” particelle di ogni energia. Le lamelle vengono dunque bombardate sulle loro facce esterne da molte più particelle che non sulle facce interne. Questo squilibrio si esplicita in una forza che tende ad avvicinare le lamelle. Tale forza generata dal “nulla” viene appunto detta forza di Casimir.

 

 

          Per capire il perché della selezione delle particelle create tra le due lamelle bisogna tenere presente la bizzarra natura delle particelle elementari che appare essere un misto di aspetti ondulatori ed aspetti corpuscolari. È noto, ad esempio, che la luce è classicamente composta da onde elettromagnetiche di lunghezza d’onda compresa tra i 380 nanometri (luce violetta) e i 780 nanometri (luce rossa) [un nanometro è pari ad un miliardesimo di metro]: fenomeni come la diffrazione testimoniano la natura ondulatoria della luce. Ma un raggio luminoso può anche essere interpretato come un fascio di “particelle elettromagnetiche” o quanti di luce detti fotoni. I fotoni oscillano con lunghezza d’onda pari a quella dell’onda elettromagnetica associata e la loro energia è inversamente proporzionale alla lunghezza d’onda stessa: pertanto un fotone “violetto” è più energetico di un fotone “rosso”. L’effetto fotoelettrico è un tipico esempio di comportamento corpuscolare della luce, non spiegabile nell’ambito della teoria ondulatoria. La radiazione elettromagnetica propagantesi nello spazio infinito è composta da onde di tutte le possibili lunghezze d’onda. Al contrario, la radiazione presente tra due specchi piani posti a distanza L — e che dunque viaggia avanti e indietro tra i due specchi — può essere composta solo da onde di lunghezza selezionata. La situazione è analoga a quella di una corda che venga “pizzicata”. Se la corda è infinitamente estesa, può mettersi a vibrare con oscillazioni di qualunque lunghezza d’onda. Ma se la corda tesa ha una lunghezza L ed è fissa ai suoi capi, allora le oscillazioni possibili sono solo quelle con lunghezza d’onda pari a 2L e sottomultipli interi di questa: una corda di violino vibra solo sulla nota fondamentale e le sue armoniche. Tornando ai due specchi posti nel vuoto, e tenendo conto del dualismo onda-particella, possiamo dire che, mentre all’esterno — dove lo spazio è infinitamente esteso — sono presenti fotoni virtuali di qualunque lunghezza d’onda (energia), nello spazio tra i due specchi vengono generati solo fotoni di lunghezza d’onda (energia) opportuna. Si genera così lo squilibrio descritto più sopra.

          L’effetto Casimir gioca un ruolo importante in diversi campi della fisica, dalla meccanica quantistica alla fisica dello stato condensato, alla fisica atomica. Qui ci soffermiamo brevemente sul ruolo che questo effetto può avere in cosmologia e più in particolare sull’espansione accelerata dell’universo. Una simile accelerazione può avere luogo solo se esiste una forza espansiva che prevalga sull’effetto frenante della gravità. I cosmologi ritengono che questa “antigravità” derivi direttamente dalle proprietà stesse dello spazio. In effetti, posta uguale a zero la pressione dello spazio vuoto, l’attrazione tra le due lamelle dovuta all’effetto Casimir può essere interpretata come la creazione di una pressione negativa nel volume compreso tra le lamelle stesse. La pressione è una forma di energia e un energia E, com’è noto dalla Teoria della Relatività Ristretta di Einstein, possiede una massa equivalente m = E/c2, dove c è la velocità della luce. La pressione negativa dà dunque luogo ad una gravità ripulsiva. Un simile meccanismo potrebbe essere stato alla base dell’accelerazione dell’universo (anche nella fase primordiale detta inflazionaria, in cui l’universo si sarebbe espanso di 1043 volte nel giro di 10-32 secondi). Allo stato attuale, tuttavia, i calcoli teorici basati sulla meccanica quantistica danno un valore dell’antigravità ben 10120 più grande di quello valutato dai cosmologi in base all’accelerazione dell’universo! Il traguardo della fisica teorica attuale è dunque quello di produrre una teoria della gravità (attualmente rappresentata dalla Teoria Generale della Relatività di Einstein) che possa convivere armonicamente con la meccanica quantistica.

Concludiamo sottolineando che, benché le argomentazioni precedenti possano indurre a credere che l’effetto Casimir abbia importanza solo nell’astratto panorama della fisica teorica più avanzata, in realtà esso comincia ad avere effetti pratici nel campo delle nanotecnologie. Queste tecnologie producono “robot” le cui parti mobili sono composte da sottili lamelle poste a distanze inferiori al centinaio di nanometri (ovvero alcune centinaia di raggi atomici). Dal momento che la forza di Casimir risulta essere quella più importante a queste scale, essa deve essere tenuta in considerazione nella progettazione dei nanostrumenti e pone un serio limite al numero di componenti che possono essere “stipati” insieme.

 


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