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Tante stelle, tante storie
Claudio
Elidoro
Gli
affezionati lettori di queste spigolature certamente ricordano che, almeno in
un paio di altre occasioni, abbiamo già affrontato l’argomento relativo al
diagramma di Hertzsprung-Russel (diagramma h-r), sottolineandone non solo il
significato fisico e la validità quale strumento d’indagine astronomica, ma
segnalandone anche l’utilità pratica qualora si voglia indagare
sull’evoluzione di una stella. A qualche mese di distanza torniamo nuovamente
sull’argomento e non lo facciamo per mancanza di fantasia, bensì per mettere
allo scoperto un aspetto che finora non era stato esplicitamente sottolineato,
ma che – ne siamo quasi certi – non era sfuggito ai nostri attenti lettori.
Intendiamo, cioè, provare a indagare su ciò che si incontra quando si prova a
tracciare un diagramma h-r di un
gruppo di stelle che si sono formate dalla stessa nube molecolare gigante,
più o meno nello stesso periodo. Astronomicamente
parlando, queste associazioni di astri vengono indicate con il termine di
“ammassi stellari” e su ogni libro di astronomia troviamo stupende immagini
che in maniera chiara ci fanno comprendere la classificazione nelle due
tipologie di “ammassi aperti” e “ammassi globulari”. Ciò che salta subito
all’occhio è il differente numero di stelle che li compongono. Mentre gli
ammassi aperti contano da poche decine a qualche migliaio di stelle al
massimo, la popolazione di quelli globulari può persino superare alcune
centinaia di migliaia di astri. Per comprendere in che modo il nostro
ragionare intorno al diagramma h-r
possa riguardare gli ammassi, proviamo a ricostruire in modo semplice cosa ci
si può attendere, seguendo l’evoluzione di un ammasso stellare. Assolutamente
impensabile, data la lunghezza dei tempi in gioco, che si possa davvero effettuare
una simile osservazione, ma le conoscenze che l’astrofisica teorica ci ha
permesso di raggiungere ci consentono una simulazione estremamente
attendibile. Per rendere il discorso più concreto, ci aiutiamo con la Fig. 1. Fig. 1. Evoluzione di un
ipotetico ammasso stellare, registrata su un diagramma h-r. In ascissa sono indicate le
temperature in gradi Kelvin, mentre le luminosità in ordinata sono espresse
in unità solari. I quattro diagrammi fotografano la situazione in altrettanti
momenti della vita dell’ammasso. Nelle fasi
iniziali della vita dell’ammasso (grafico a),
ci aspettiamo di osservare una sequenza principale ben delineata per le
stelle più luminose e massicce (parte superiore), mentre, nella parte
inferiore, le più piccole ancora si stanno attardando nelle fasi di pre-sequenza. Quando anche tutte le stelle nane si sono
finalmente collocate sulla sequenza principale (grafico b), le più luminose hanno già terminato la fase di bruciamento
dell’idrogeno del nucleo e hanno, dunque, già cominciato ad abbandonare la
sequenza principale, spostandosi nella regione del grafico destinata a
ospitare le giganti. Man mano che il tempo passa (grafico c), si può notare come gradualmente
diminuisca il valore della luminosità delle stelle che sono ancora sulla
sequenza principale e appaia sempre più evidente il ramo delle giganti rosse.
Poiché i tempi evolutivi di queste ultime sono piuttosto rapidi, non ci
dobbiamo stupire se, dopo pochi miliardi di anni (grafico d), la loro presenza è diventata
estremamente esigua. Per quell’epoca, infatti, quasi tutte saranno già andate
incontro al loro pirotecnico destino esplodendo come supernovae e lasciando
dietro di sé un guscio di detriti in espansione oppure un esotico oggetto di
incredibile densità (stella di neutroni o buco nero). Per le stelle meno
massicce, dunque, i tempi evolutivi sono di gran lunga più dilatati. Il
nostro Sole, per esempio, è destinato a restare sulla sequenza principale per
una decina di miliardi di anni. Il che significa che, più o meno, attualmente
si trova «nel mezzo del cammin della sua vita». Poiché ciò
che abbiamo tracciato è il comportamento generale di un ammasso di stelle
qualunque, ci sentiamo autorizzati a pensare che i diagrammi h-r di qualsiasi ammasso presentino un
andamento simile e possano quasi essere sovrapposti. Una considerazione
corretta, la cui applicazione pratica ha portato gli astronomi a escogitare
un sistema per determinare la distanza di alcuni ammassi stellari. Vediamo
come. Ammettiamo di
poter disporre di un diagramma h-r
(ovviamente statisticamente significativo) di un ammasso stellare del quale
conosciamo con esattezza la distanza e del diagramma h-r di un altro ammasso del quale, al contrario, non conosciamo
affatto la distanza. Questo significa che in ordinata del primo diagramma
avremo la magnitudine assoluta delle stelle (M), mentre nel secondo caso ci dovremo accontentare di indicare
quella apparente (m). In entrambi
i casi, però, le ascisse sono le stesse (temperatura o tipo spettrale) e
dunque possiamo sovrapporre i due grafici allineando gli assi orizzontali. A
questo punto è possibile far scivolare verticalmente un grafico sull’altro,
fino a quando le due sequenze principali non si sovrappongano perfettamente.
Confrontando la situazione sugli assi verticali, possiamo dunque determinare
la differenza (m – M) e da questa, applicando
l’equazione delle magnitudini, ricavare la distanza in gioco. La domanda
immediata riguarda la praticabilità di un simile metodo di sovrapposizione
della sequenza principale. Senza entrare nei dettagli, può essere
significativo osservare che, in genere, oltre il 70% delle stelle della
sequenza principale sono di tipo M
e solo il 9% sono stelle di tipo G
come il Sole. Le stelle più brillanti sono incredibilmente rare: solo una su
1000 è di tipo B e soltanto lo
0,00004% appartiene al tipo O. Una
distribuzione che ci autorizza a pensare la parte inferiore della sequenza
principale un luogo statisticamente molto significativo e, quel che più
conta, sufficientemente stabile per lunghissimi tempi. |