La gravità e la distorsione
dello spazio e del tempo
Annibale D'Ercole
Osservatorio Astronomico - Bologna

 

Se si assume che il Principio di Equivalenza è vero, allora si può dedurre che la gravità opera una distorsione sia spaziale che temporale.  Quest’ultima è più semplice da ricavare, ed in effetti fu la prima di cui Einstein si accorse.


Consideriamo la cabina di un ascensore posta in una regione priva di un’apprezzabile forza di gravità, e supponiamo che sia trascinata verso "l’alto", ovvero in direzione del soffitto, con accelerazione uniforme g tramite un missile.  Un dispositivo temporale posizionato sul soffitto invia un impulso luminoso al secondo verso il pavimento.
Un osservatore posto sul pavimento riceve questi impulsi, ma nota che si susseguono ad intervalli minori di un secondo; questo accade perché il pavimento si muove verso questi impulsi intercettandoli un poco prima.  Pertanto all’osservatore sul pavimento l’orologio posto sul soffitto apparirà procedere un poco più in fretta.
D’altra parte questo osservatore non ha modo di guardare fuori della cabina, e ritiene che la pressione da lui esercitata sul pavimento sia dovuta ad un campo gravitazionale esterno, ed attribuirà a quest’ultimo l’accelerazione dell’orologio sul soffitto.
Per il Principio di Equivalenza, allora, anche un campo di gravità reale deve influenzare lo scorrere del tempo allo stesso modo.

Deduciamo ora quantitativamente la distorsione dello scorrere del tempo nell’assunzione che le velocità v raggiunte dalla cabina siano molto minori della velocità della luce c.
E' noto che un oggetto che si muove con accelerazione costante g acquista, dopo un tempo t, una velocità v=gt   percorrendo uno spazio x=0.5gt2.
Dunque, le posizioni del pavimento e del soffitto della cabina al tempo t sono date da  

xp ( t ) = 0.5 gt2

        ( 1 a )

xs ( t ) = 0.5 gt2 + h

        ( 1 b )

dove h   è l’altezza della cabina.

Supponiamo ora che dal soffitto partano due impulsi luminosi: il primo è emesso al tempo t=0 e ricevuto al tempo t1, mentre il secondo è emesso al tempo t= e ricevuto al tempo t1+t   (in fisica classica =t, ma questo non è più vero nella Teoria della Relatività, come vedremo tra poco).
La distanza percorsa dal primo impulso è:   xs ( 0 ) - xp ( t1 ) = ct1.
Quella percorsa dal secondo impulso è minore ed è:
xs () - xp (t1+t) = c (t1t - ).
Tenendo conto delle equazioni (1a) - (1b) si ottiene  

h - 0.5 gt12 = ct1

h - 0.5 g (t12 + 2t1t + t22) = c (t1t - )

La seconda di queste equazioni si può semplificare assumendo che gli intervalli  siano molto piccoli, e che pertanto t22 siano trascurabili rispetto a t12.


In definitiva si ottiene 

h - 0.5 gt12 = ct1

       ( 2 a )

h - 0.5 g (t12 + 2t1t ) = c (t1t - )

       ( 2 b )

Operando una sottrazione tra queste due equazioni si ricava

 

g t1t = c ( t )

       ( 3 )

Ora, ricordando che v = gt , l’equazione (2a) può essere riscritta come

ovvero, avendo assunto v / c <<1 ,

Quest’ultimo passaggio è stato ottenuto dalla seguente catena di uguaglianze:

Se  è più piccolo di 1, ancor più lo sarà 2 che può dunque essere trascurato.
Questo ci porta ad ottenere  1/(1+)~(1-).

Dopo aver sostituito questa espressione di t1 nell’equazione (3), si ottiene

Finalmente, trascurando una volta ancora il termine 0.5 v/c <<1, si ottiene l’espressione finale

In assenza di accelerazione i due intervalli di tempo sono uguali; l’accelerazione, invece, produce un rallentamento dell’orologio sul pavimento rispetto a quello sul soffitto.
L’osservatore all’interno della cabina, inconsapevole di viaggiare "a rimorchio" di un razzo, attribuisce tale rallentamento all’azione del campo gravitazionale esterno a cui crede di essere assoggettato.
Per il Principio di Equivalenza un campo di gravità reale deve produrre gli stessi effetti: un orologio posto alla superficie di un pianeta marcia più lentamente di uno posto in quota.
Effettivamente questa affermazione è stata verificata sperimentalmente sulla Terra nel 1960 dai due fisici Pound e Rebka sfruttando proprio l’espressione per  ottenuta più sopra.
Ricordiamo che questa formula approssimata è valida nel caso di campi gravitazionali deboli (la cui accelerazione, cioè, produce velocità assai inferiori a quella della luce) e uniformi; ed in effetti la gravità della Terra non provoca alte velocità di caduta e può essere assunta costante se non ci si allontana eccessivamente dalla superficie.

 


 

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