L'effetto Doppler
Annibale D'Ercole
Osservatorio Astronomico - Bologna
Si consideri un laser che emette radiazione elettromagnetica di una ben precisa lunghezza d’onda o. Questo significa, assimilando l’onda elettromagnetica ad una sinusoide, che la distanza tra due creste d’onda – due massimi della sinusoide – è pari a o.
Supponiamo che il laser sia in moto con velocità v  verso un osservatore, e che si trovi ad una distanza L1 al momento dell’emissione di una determinata cresta d’onda. Dal momento che la luce viaggia con velocità c, la cresta d’onda successiva viene emessa dopo un tempo o=o / c (il tempo necessario alla seconda cresta per raggiungere la posizione occupata dalla cresta precedente), quando il laser si trova ad una distanza L2=L1-v o .
Pertanto la prima cresta giungerà all’osservatore dopo un tempo t1=L1/c, e la seconda dopo un tempo t2=o+L2/c.
Dunque per l’osservatore le due creste d’onda si succedono dopo un intervallo temporale

= t2 - t1o + (L2 - L1) / c = o (1 - v/c) = ( o/ c)(1 - v/c)

Tenuto conto che anche per l’osservatore vale la relazione generale =/c, si ottiene la seguente espressione per la lunghezza d’onda della radiazione percepita dall’osservatore: o = 1 - v/c . Se esprimiamo la lunghezza d’onda osservata in termini della sua differenza delta.gif (851 byte) rispetto alla lunghezza d’onda di laboratorio (ovvero la lunghezza d’onda nel caso di una sorgente immobile), possiamo scrivere
=o   ed otteniamo la formula classica che descrive l’effetto Doppler:

delta.gif (851 byte)o = - v / c

Si noti che, a causa della presenza del segno meno, la lunghezza d’onda della radiazione di una sorgente in avvicinamento appare più corta di una quantità tanto maggiore quanto maggiore è la velocità della sorgente. Nel caso di allontanamento, al contrario, la lunghezza d’onda apparirà maggiore.
Dal momento che la teoria della relatività ci dice che nessun oggetto può viaggiare a velocità superiore a quella della luce, vminug.gif (843 byte)c, sembrerebbe che nessuna sorgente possa emettere una radiazione la cui lunghezza d’onda mostri uno spostamento superiore alla lunghezza di laboratorio, delta.gif (851 byte)o = 1.
In realtà sono state osservate diverse galassie lontane e quasar che mostrano una variazione percentuale molto maggiore. Questa apparente contraddizione è dovuta al fatto che, nel derivare la formula dell’effetto Doppler, abbiamo assunto che il tempo misurato da un orologio solidale con la sorgente scorra con lo stesso tasso del tempo misurato dall’orologio in possesso dell’osservatore. La teoria della relatività ci dice che questo non è vero, e che in realtà per l’osservatore le lancette dell’orologio associato alla sorgente sembrano ruotare più lentamente.
Una volta che questo effetto sia tenuto in considerazione, otteniamo la formula relativistica per l’effetto Doppler

in cui, per semplicità di notazione, abbiamo posto  = v/c.
Effettivamente, per velocità relativamente basse, <<1, il radicando può essere assimilato ad 1, e la formula torna ad essere quella classica che abbiamo ricavato più sopra. Tuttavia, per sorgenti dotate di una velocità inferiore ma simile a quella della luce, minug.gif (843 byte)c, il denominatore diventa estremamente piccolo, e la variazione percentuale della lunghezza d’onda può crescere a dismisura.

 


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