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La distanza del Sole
Claudio Elidoro

Dopo aver affrontato in una precedente Spigolatura (GdA, vol. 35, n. 2 – giugno 2009) il problema della distanza del nostro satellite, proviamo a ripercorrere il lungo cammino e le differenti tecniche che hanno portato gli astronomi a calcolare la distanza che separa la Terra dal Sole giungendo in tal modo a definire l’unità chiave delle distanze astronomiche. In quell’occasione avevamo esaminato le osservazioni e le valutazioni che, due secoli e mezzo prima di Cristo, condussero Aristarco (iv-iii sec. a.C.) a una corretta valutazione della distanza lunare. Non apparirà poi così strano, dunque, che il nostro cammino riprenda proprio dal grande astronomo di Samo.

L'idea di misurare quanto distante fosse il Sole, almeno in linea di principio, era estremamente semplice. Poiché le fasi lunari sono il frutto del variare della condizione di illuminazione del nostro satellite da parte del Sole, una Luna illuminata esattamente a metà è il segno che la congiungente Luna-Sole è perfettamente perpendicolare alla congiungente Luna-Terra (la Fig. 1 riuscirà a convincere coloro che fossero ancora dubbiosi).

Fig. 1. Se del triangolo rettangolo costruito quando la Luna è al primo o all'ultimo quarto riusciamo a misurare l'angolo a, ci sarà possibile determinare anche il lato che più ci interessa, vale a dire la congiungente Terra-Sole.

 

Con un ragionamento corretto, Aristarco riteneva che la misurazione dell'angolo Luna-Terra-Sole (angolo a nella figura) avrebbe permesso di risolvere il triangolo rettangolo e, conseguentemente, le proporzioni tra i suoi lati. Questo comportava che, conoscendo un suo lato – la distanza della Luna – fosse possibile risalire anche alla distanza del Sole dalla Terra.

Il guaio è che una simile misurazione è incredibilmente delicata, praticamente impossibile per Aristarco con gli strumenti di cui poteva disporre. Il greco, infatti, valutò quell'angolo di 87°, un valore davvero molto vicino alla misura nota ai nostri giorni (89° 51'). Purtroppo, però, questa che ci appare come una piccola differenza ha un peso enorme negli sviluppi del calcolo. Aristarco, infatti, giunse a stabilire che il Sole fosse solo 19 volte più distante della Luna (dunque circa 7.200.000 km) e non le 389 volte che si possono ottenere con il valore corretto. Questo bastò, comunque, al grande astronomo per comprendere come il Sole fosse più grande della Terra, portandolo quindi a ipotizzare che fosse quello, e non la Terra, al centro dell'universo.

Rimaniamo ancora un momento nell'antichità classica per segnalare quanto Eusebio di Cesarea (ii-iii sec. d.C.) riferisce di Eratostene (iii-ii sec a.C.) e della sua valutazione della distanza del Sole, stimata in «stadiwn muriadaV tetrakosiaV kai oktwkismuriaV» (letteralmente: “400 miriadi di stadi e 80000”). Frase un po' sibillina, tanto che sono state proposte due traduzioni davvero molto distanti tra loro: la prima (Edwin Hamilton Gifford, 1903) propone 4.080.000 stadi, mentre l'altra (Edouard del Places, 1974-1991) propone 804.000.000 stadi. Utilizzando il valore dello stadio greco (tra i 185 e i 190 metri), le due traduzioni conducono a un valore di circa 765.000 chilometri la prima e a circa 150 milioni di chilometri la seconda. Stando a quest'ultima interpretazione, dunque, Eratostene avrebbe determinato la distanza Terra-Sole con un errore solamente del 2%. Aspettiamo, però, a gridare al prodigio: forse è il caso di lasciare che gli esperti della Grecia classica giungano a una interpretazione meno incerta delle parole di Eusebio.

Prima che gli astronomi si occupassero nuovamente della distanza Terra-Sole si dovette attendere la disponibilità di nuovi strumenti osservativi e, soprattutto, di quei potenti strumenti teorici costituiti dalle leggi di Keplero; in particolar modo la terza, che lega tra loro in modo semplice e preciso le distanze e i periodi di rivoluzione degli oggetti della famiglia del Sole. Riuscendo dunque a misurare la distanza di un qualunque pianeta dal Sole si sarebbe potuti risalire anche alla distanza che separa la Terra dalla sua stella.

Nel 1672, approfittando di una favorevole opposizione di Marte, Gian Domenico Cassini e Jean Richer misurarono dalla Francia e dalla Cayenne la parallasse del pianeta e riuscirono in tal modo a determinare che la distanza del Sole fosse di circa 142 milioni di chilometri. Pian piano, dunque, ci si stava avvicinando al valore corretto.

Verso la fine del xvii secolo, riprendendo le proposte di Jeremiah Horrocks e James Gregory, Edmond Halley suggerì che un miglior risultato sarebbe giunto dalle osservazioni del transito di Venere sul disco solare, un metodo che venne provato nel 1761, nel 1769 e poi ancora nel 1874 e nel 1882 (vedi GdA, vol. 29, n. 4 – dicembre 2003). Una recentissima applicazione di questo metodo, con risultati davvero lusinghieri, la si è avuta nella campagna internazionale condotta durante il transito del 2004 da oltre 2700 gruppi di osservatori da ogni parte del mondo, un migliaio dei quali erano gruppi scolastici.

Prima che l'avvento delle misurazioni radar prendesse il sopravvento quale metodo più affidabile e preciso per giungere alla determinazione della distanza Terra-Sole, è doveroso segnalare l'importante ricaduta sul problema prodotta dalla scoperta dell'asteroide 433 Eros. Il suo passaggio ravvicinato, nel 1900-1901, venne magistralmente sfruttato da Arthur Hinks per migliorare notevolmente l'accuratezza della parallasse solare, ma ancora meglio fece Harold Spencer Jones in occasione del passaggio del 1930-1931. Il suo valore della parallasse solare (8,79 secondi d’arco) venne considerato definitivo fino al 1968.

Attualmente la determinazione della distanza del Sole viene effettuata ricorrendo a misure radar o alla telemetria delle sonde spaziali, in grado di fornire le posizioni dei pianeti interni con estrema precisione.

Prima di approfondire la nostra indagine intorno alla distanza Terra-Sole è opportuna un'importante precisazione. È vero che tale distanza viene frequentemente indicata con il termine di unità astronomica (au, secondo lo standard raccomandato dall'Unione Astronomica Internazionale) e normalmente le due cose vengono considerate quasi come sinonimi, ma non è proprio così. In effetti, originariamente l'au era stata definita come la lunghezza del semiasse maggiore dell'orbita terrestre, ma nel 1964, in occasione dell'Assemblea generale tenutasi ad Amburgo, l'Unione Astronomica Internazionale (iau) raccomandò che da lì in poi l'au avrebbe dovuto essere esattamente pari a 149.600.000 chilometri. In pratica veniva stabilito che essa diventasse una sorta di costante sulla quale eventualmente calibrare le altre grandezze (per esempio la parallasse solare o il rapporto di massa tra il Sole e il sistema Terra-Luna). Dodici anni più tardi, però, l'Assemblea generale iau di Grenoble sancì un'importante svolta. In tale circostanza, infatti, l'au venne definita come la distanza tra il centro del Sole e una particella di massa trascurabile posta in orbita circolare intorno al Sole il cui periodo era esattamente di 365,2568983 giorni. Dal 1976, dunque, una au misura esattamente 149.597.870,691 km, valore ritoccato a 149.597.870,700 km nel 2009, per adeguarsi alle ultime misurazioni.

 


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