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La distanza della Luna
Claudio
Elidoro
Un elemento
fondamentale nello studio di molti fenomeni fisici è la valutazione delle distanze
in gioco. Ma se in laboratorio possiamo contare sulla misurazione diretta
(per quanto complicata possa essere), la situazione assume ben altri
connotati in astronomia, quando il laboratorio si espande a dismisura fino a
occupare tutto quanto l’universo osservabile. In
modo estremamente sbrigativo, il problema delle distanze astronomiche presso gli
antichi lo si potrebbe liquidare riducendolo alla necessità di una affidabile
valutazione delle dimensioni dell’ambiente cosmico e della collocazione in
esso della Terra e di tutti gli altri corpi celesti. Non che questa esigenza
sia secondaria, tutt’altro! Da quando, però, si cominciò ad accettare l’idea
che le leggi fisiche osservate sulla Terra dovevano valere anche nel resto
del cosmo, ecco che la valutazione delle distanze acquistò una rilevanza
ancora più critica. La corretta determinazione di una distanza era, infatti,
il punto cruciale attraverso il quale passava la valutazione affidabile di
altre grandezze fisiche. Si pensi, giusto per fare un semplice esempio, alla
valutazione dell’energia luminosa irraggiata da due stelle: è evidente che, a
parità di luminosità osservata, la stella più lontana dovrà necessariamente
emettere una maggiore quantità di energia rispetto a quella più vicina. Ma
se, oltre al semplice confronto, vogliamo giungere a una valutazione
quantitativa delle energie in gioco, diventa fondamentale conoscere le reali
distanze. Problema
cruciale, dunque, quello delle distanze astronomiche. Problema sul quale ci
riproponiamo di ragionare in questa e in prossime spigolature. Il
primo passo di questo cammino vede come protagonista la Luna, non fosse altro
perché, in quanto unico satellite naturale della Terra, è il corpo celeste
più prossimo a noi. Oggi la distanza della Luna ci è nota con precisione
incredibile. Da quando, negli anni Settanta, le missioni lunari hanno
piazzato sulla superficie del nostro satellite alcuni riflettori (Lunar Ranging Retro Reflector),
il calcolo del tempo impiegato dagli impulsi laser per raggiungere la Luna e
ritornare ci offre l’opportunità di operare un meticoloso controllo
dell’effettiva distanza della Luna. Tra le altre cose, per esempio,
l’accuratezza della misurazione ci ha permesso di stabilire la reale entità
(3,8 cm all’anno) dell’allontanamento del nostro satellite dalla Terra. Oggi,
insomma, è più o meno noto a tutti quanti che la Luna dista mediamente dalla
Terra 384.403 chilometri, ma quale era la percezione di tale distanza presso
gli antichi astronomi? Tanto
per cominciare, era nota con ottima approssimazione la misura angolare
sottesa dal disco del nostro satellite. La valutazione dei tempi impiegati
dalla Luna al suo tramonto o, meglio ancora, nel suo nascondersi dietro un
muro, porta a un valore di un paio di minuti. Poiché l’intera volta celeste
ruota in 24 ore, questo porta a concludere che il disco lunare (come quello
solare) sottende circa mezzo grado. Il grande Archimede testimonia che
Aristarco di Samo (310-250 a.C.) aveva calcolato che le dimensioni apparenti
del Sole e della Luna erano la settecentoventesima
parte del circolo dello zodiaco (cioè 360°/720 = ½°). Era
inoltre ben noto agli antichi che il moto della Luna rispetto alle
costellazioni era più veloce di quello del Sole. Mentre, infatti, il Sole
impiega (approssimativamente) un anno, cioè 365 giorni, per ritornare al
punto di partenza (dunque si muove di circa un grado al giorno), il percorso
della Luna si completa in soli circa trenta giorni (il mese sinodico, cioè
l’intervallo di tempo compreso tra due fasi lunari uguali e successive, è di 29g 12h 44m
3s ± 15h). Fatti i debiti conti, questo ci
porta a concludere che il nostro satellite si sposta in cielo di circa un
diametro lunare ogni ora. Fu proprio combinando queste conoscenze con
un’informazione supplementare dedotta dalle osservazioni delle eclissi lunari
che Aristarco di Samo riuscì a stimare la distanza del nostro satellite. È
immediato comprendere come la durata della fase di totalità dell’eclissi ci
possa permettere di valutare la larghezza del cono d’ombra che la Terra
proietta nello spazio e che viene attraversato dalla Luna. Ora, Aristarco
partì dal presupposto che la distanza del Sole fosse molto più grande di
quella che separa la Terra dalla Luna e, dunque, il “cono” d’ombra potesse
essere in realtà considerato un “cilindro” la cui base rispecchiava
fedelmente le dimensioni della Terra. Misurando i tempi, Aristarco trovò che,
in occasione di eclissi centrali, l’eclisse si protraeva per circa quattro
ore, ma questo dunque comportava che l’ombra della Terra fosse quattro volte
il diametro lunare. Dato estremamente importante perché, grazie a un semplice
calcolo (il dettaglio lo rimandiamo al livello avanzato), Aristarco giunse a
valutare la distanza della Luna in circa 30 volte il diametro terrestre. Si
potrebbe obiettare che non siamo in presenza di una misura vera e propria, ma
solamente di una valutazione relativa. Corretto. Ma proprio negli anni in cui
Aristarco compiva queste pregevoli osservazioni, a Cirene nasceva un altro
pilastro dell’astronomia greca: Eratostene (276-194 a.C.). Il contributo
forse più importante che ci ha lasciato questo matematico, astronomo e
letterato (fu bibliotecario capo della prestigiosa biblioteca di Alessandria)
fu la sua misurazione del meridiano terrestre. Ci permettiamo di omettere la
descrizione del procedimento adottato, dato che la vicenda che narra del Sole
allo zenit a Siene e inclinato di circa 7° ad
Alessandria viene riportata praticamente in tutti i libri scolastici. Molto è
stato detto, anche recentemente, su possibili “addomesticamenti” delle misure
introdotti da Eratostene per facilitarsi i conti e sui possibili dubbi relativi
al valore dello stadio egizio, ma non è certo questa la sede per dirimere la
questione. Accettando dunque, senza batter ciglio, la valutazione di
Eratostene tramandataci da Cleomede che indica per
il meridiano terrestre il valore di 252 mila stadi e considerando lo stadio
egizio pari a 157,5 metri, la valutazione di Eratostene fissa la misura del
meridiano terrestre in 39.690 km e, di conseguenza, il diametro terrestre in
circa 12.634 km (il valore attuale per la circonferenza meridiana della Terra
è di 40.009,152 km, per quella equatoriale di 40.076,592 km). Ritornando
allora alla conclusione suggerita da Aristarco in merito alla distanza della
Luna, è doveroso sottolineare come già due secoli prima di Cristo si fosse in
grado di valutare la distanza del nostro satellite in circa 379.000 km. Davvero
niente male! |