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Biciclette, trottole, stagioni
Annibale D’Ercole

Chiunque abbia avuto modo di giocare con una trottola sarà rimasto affascinato dalle proprietà “misteriose” del suo moto. Se la trottola non ruota attorno al suo asse, essa si comporta prevedibilmente: per quanto si tenti di porla in equilibrio verticalmente – “in piedi” sul pavimento –essa cade inevitabilmente di fianco. Ma, se ruota, il suo asse si inclina solo di poco e rimane stabile senza “coricarsi” in terra. Inoltre, la trottola comincia a precedere, ovvero il suo asse non punta sempre nella stessa direzione, ma la sua estremità superiore “disegna” un cerchio parallelo al pavimento. Cosa impedisce alla trottola di cadere? E cosa la spinge a precedere? Semplicemente, la sua inerzia.

Gli effetti dell’inerzia di un corpo sul suo moto traslatorio rientrano nella nostra quotidianità e ci appaiono del tutto naturali. Se dobbiamo spingere la nostra automobile in panne, sappiamo che compiremo un certo sforzo per comunicarle una qualche velocità. Una volta posta in moto, però, non faremo più alcuna fatica (stiamo assumendo la completa assenza di attrito e l’assoluta orizzontalità della strada); al contrario, ora dovremo sforzarci se vogliamo fermarla, spingendo in direzione opposta al suo moto. Questo semplice esempio è la riprova di quanto stabilito dalla prima legge della dinamica di Newton: in assenza di forze esterne, ogni corpo tende a mantenere il suo stato di quiete o di moto rettilineo e uniforme. Questa tendenza è proprio l’inerzia, ed è proporzionale alla massa del corpo (come è facile rendersene conto, se si pretende di spingere un autotreno invece di una Cinquecento!).

Nel caso del moto rotatorio, anziché traslatorio come quello dell’esempio precedente, l’inerzia produce effetti meno intuitivi e apparentemente inspiegabili. In Fig. 1 viene schematizzato un disco in rotazione, al cui mozzo viene applicata una torsione (una coppia di forze rappresentata dalla coppia di frecce orientate verticalmente) nel tentativo di variarne la direzione in senso antiorario.

 

 

Fig. 1. Applicando una torsione (coppia di forze rappresentate dalle due frecce verticali) che tenda a ruotare il mozzo del disco in rotazione, si comunica un impulso laterale (coppia di frecce tratteggiate) ai settori indicati in nero.

 

 

Fissiamo ora l’attenzione sull’elemento di disco più alto (indicato in figura dalla regione nera superiore). In assenza di forze esterne, esso tende a proseguire in avanti lungo il suo moto circolare in base alla sua inerzia, come stabilito dalla prima legge di Newton discussa in precedenza. L’applicazione di una coppia di forze al mozzo si traduce, in pratica, in un impulso che spinge l’elemento del disco verso sinistra (freccia tratteggiata in alto in Fig. 1). Sempre a causa della sua inerzia, l’elemento conserva questa tendenza a muoversi lateralmente mentre ruota attorno al mozzo. Quando, dopo mezzo giro, l’elemento in questione si ritrova nel punto inferiore del disco, la sua inerzia tende a spingerlo a sinistra, in opposizione alla torsione che invece tende a muoverlo verso destra. Per l’elemento di ruota inizialmente più basso (zona nera inferiore in Fig. 1) vale un ragionamento simmetrico. Dunque, si crea una sorta di retroazione per cui, dopo mezzo giro, l’impulso laterale fornito dalla torsione provoca una resistenza all’ulteriore azione della torsione stessa.

Questa tendenza dei corpi rotanti a mantenere inalterata la direzione del proprio asse di rotazione, resistendo alle perturbazioni esterne, viene utilizzata in svariate applicazioni. La più comune è la bicicletta, che non cade mentre è in moto perché le sue ruote, girando, tendono a mantenere orizzontale il proprio mozzo. Giroscopi (sorta di trottole) elettrici vengono posti sulle navi per favorire il mantenimento della direzione di marcia. Anche il telescopio spaziale Hubble, in orbita attorno alla Terra, fa uso di giroscopi per stabilizzare il proprio assetto. Sottolineiamo, inoltre, che il regolare succedersi delle stagioni dipende dal fatto che la Terra, grazie alla sua rotazione, mantiene fissa la direzione del proprio asse durante la sua orbita attorno al Sole (in verità, è presente una lenta precessione, come vedremo tra poco).

Consideriamo di nuovo il nostro disco e supponiamo che, inizialmente, il suo mozzo sia parallelo al terreno con uno dei due estremi agganciato ad una corda (che pende dall’alto) tramite uno snodo attorno al quale è libero di muoversi in ogni direzione (Fig. 2).

 

 

Fig. 2. Situazione analoga a quella illustrata in Fig. 1. In questo caso la torsione è dovuta alla gravità e alla tensione della corda. Il disco è ruotato di un quarto di giro e i settori in nero si sono posti orizzontalmente.

 

In assenza di rotazione, il disco cade penzolando dalla corda, col mozzo in posizione verticale. Se però il disco gira su se stesso, il mozzo rimane parallelo al terreno; esso inoltre precede, acquista cioè una rotazione orizzontale attorno allo snodo, analoga alla rotazione di una lancetta di orologio attorno al perno centrale. Il mozzo rimane orizzontale perché, come ormai sappiamo, a causa della propria inerzia il disco tende a mantenere inalterata la direzione del proprio asse di rotazione. E l’inerzia è responsabile anche della precessione, come si può capire guardando la Fig. 2. La forza di gravità che spinge verso il basso e la conseguente reazione vincolare della corda che tira verso l’alto danno luogo a una coppia di forze agente sul mozzo della ruota, del tutto analoga a quella considerata nell’esempio precedente (confronta le Figg. 1 e 2). Valgono pertanto tutti i ragionamenti già fatti, ma con un’importante differenza: in questo caso, uno dei due estremi del mozzo è vincolato a rimanere in un punto fisso, mentre l’altro è libero di muoversi. Come abbiamo visto, l’elemento di ruota posto in alto riceve una spinta verso sinistra. Esso, tuttavia, procede nel suo moto circolare e, dopo aver compiuto un quarto di circonferenza, si ritrova di fianco (Fig. 2), mantenendo tuttavia la tendenza a spostarsi lateralmente acquisita in precedenza. L’elemento di ruota inizialmente in basso si comporta simmetricamente. Pertanto, dopo un quarto di giro, questi due elementi esercitano una spinta assimilabile a una coppia di forze (illustrata dalle due frecce tratteggiate in Fig. 2) tale da far ruotare – ossia precedere – l’asse del mozzo. Dopo un ulteriore quarto di giro il moto originario dei due elementi in questione è cancellato e il meccanismo riparte di nuovo.

 

Abbiamo già detto della precessione della trottola. Anche la Terra effettivamente precede: l’asse polare disegna sulla sfera celeste un cerchio completo ogni 25,772 anni. La precessione terrestre è dovuta al fatto che il nostro pianeta non è perfettamente sferico, ma è leggermente oblato, ovvero sporge all’equatore. La gravità del Sole (e della Luna) agisce su questa sporgenza in maniera simile a come la gravità della Terra agisce su una trottola.

 

 


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