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Percorsi evolutivi
Claudio
Elidoro
Qualche tempo
fa, sempre all’interno di queste spigolature astronomiche, parlammo del
diagramma ideato da Ejnar Hertzsprung
ed Henry Norris Russell per studiare la correlazione tra la luminosità e la
temperatura superficiale di una stella (vedi Giornale di Astronomia
del marzo 2004), una rappresentazione che prese proprio dai due astronomi il
suo nome. In quell’occasione notammo anche come tale diagramma avrebbe potuto
trasformarsi in una sorta di mappa su cui tracciare il percorso evolutivo di
una stella e rimandammo tale argomento a una successiva spigolatura. Proviamo
dunque in questa sede a ritornare su tale argomento aiutandoci con un grafico
sul quale seguiremo passo passo l’evoluzione di una
stella che supporremo simile al nostro Sole. Definire in modo chiaro il tipo
di stella su cui vogliamo indagare è fondamentale. Il percorso evolutivo di
una stella, infatti, è strettamente determinato dalle sue caratteristiche
fisiche, con la massa che costituisce il parametro chiave. (Fig. 1) La
storia della nostra stella inizia con un’immensa nube di materiale interstellare.
Tecnicamente in questi casi si parla di nubi molecolari giganti (gmc – Giant Molecular Cloud),
le cui dimensioni vanno da Fig. 1. Questo
periodo di contrazione (fase 1
nella Figura) prosegue fino a quando nella regione più interna – il nucleo
della futura stella – non si raggiungono le condizioni critiche che
permettono l’accensione delle reazioni nucleari di fusione dell’idrogeno.
L’accensione di queste reazioni, però, genera energia termica che si oppone
all’energia gravitazionale che sta richiamando il materiale verso il centro.
In tempi molto rapidi si raggiunge una situazione di equilibrio idrostatico
in cui l’energia liberata dai processi nucleari bilancia l’energia gravitazionale
e dunque si interrompe il processo di collasso: possiamo insomma decretare la
nascita di una nuova stella. Sul diagramma h-r
la stella si disporrà sulla Sequenza principale (fase 2 nella Figura) e lì rimarrà per la maggior parte della sua vita attiva.
La posizione in cui si collocherà la stella lungo Col
passare del tempo, più o meno rapidamente, il combustibile nucleare
(idrogeno) comincia però a scarseggiare, anche perché le “ceneri” della
combustione (elio) cadono verso il centro della stella e formano un nucleo
inattivo che obbliga le reazioni dell’idrogeno a spostarsi verso un guscio
sempre più esterno. Questa nuova situazione, unita a una maggiore efficienza
delle reazioni di fusione, aumenta la luminosità della stella e la obbliga a
espandersi, ma tale espansione fa diminuire la temperatura superficiale della
stella. Sul diagramma h-r la
stella abbandonerà dunque Questo
decreta per la nostra stella l’inizio di una fase piuttosto movimentata.
Infatti, la combustione dell’elio è un processo molto sensibile alla
temperatura e questi alti e bassi nell’efficienza della combustione originano
dei fenomeni di pulsazione stellare. Tali pulsazioni non solo originano
fenomeni di variabilità nell’emissione luminosa della stella (fase 4 nella Figura), ma sfociano anche in
notevoli perdite di massa. La stella, insomma, finisce col perdere tutto il
suo inviluppo più esterno e rimane solamente con il suo nucleo,
incredibilmente caldo e degenere, composto da quella parte di elio che non è
stata coinvolta nelle reazioni di fusione e da carbonio e ossigeno, cioè le
“ceneri” del bruciamento dell’elio. Il
materiale espulso costituisce quella che gli astronomi definiscono nebulosa
planetaria (doveroso sottolineare che il termine non ha nulla a che vedere con
i pianeti): un guscio di gas che brilla in modo molto coreografico perché nel
bel mezzo dell’inviluppo risplende ancora ciò che rimane della stella (fase 5 nella Figura). È vero, infatti, che
quanto rimane della stella non è più in grado di innescare alcuna reazione,
ma è anche vero che la sua temperatura è incredibilmente elevata. Non solo:
l’azione gravitazionale ha compresso le sue dimensioni fino al limite massimo
consentito dal principio di esclusione di Pauli. Tale principio, introdotto
nel 1925 da Wolfgang Pauli, stabilisce che in un atomo non possano coesistere
due elettroni che abbiano i 4 numeri quantici uguali. Questi numeri, che
descrivono completamente lo stato di un elettrone, sono: n (che indica il numero del livello), l (che determina la forma dell’orbita), m (numero quantico magnetico) ed s (che indica lo spin, cioè il momento angolare dell’elettrone).
Questo significa che su un’orbita (dunque con n, l e m fissati) possiamo trovare solo due
elettroni che si differenziano solo per lo spin. Nel caso di ciò che rimane
della stella, questo comporta che gli elettroni non possono essere
“schiacciati” verso il nucleo oltre un certo limite, altrimenti si violerebbe
il principio di Pauli. Praticamente,
ne consegue che una stella inizialmente della massa del Sole, dopo aver
espulso nello spazio circa il 40% della sua massa, si trova compressa in un
volume più o meno pari a quello della Terra. Una situazione che ci fa
comprendere perché un simile oggetto venga chiamato dagli astronomi con il
termine di nana bianca (fase 6
nella Figura). Siamo
così giunti all’epilogo, a un lunghissimo epilogo. Il futuro che attende ciò
che resta della nostra stella, infatti, è un lento raffreddamento che si
protrarrà per miliardi e miliardi di anni. Lentamente, ma inesorabilmente, la
stella è destinata a migrare, sempre più fredda e sempre meno luminosa, verso
l’angolo inferiore destro del nostro diagramma h-r.
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