Fornaci nucleari
Claudio Elidoro

In una precedente occasione si notava come la spiegazione per l’energia del Sole e delle stelle avesse avuto un cammino piuttosto travagliato e come il mistero sia stato risolto in modo adeguato solamente intorno al 1938. A dire il vero, già all’inizio del Novecento la scoperta dei fenomeni radioattivi (Henri Becquerel nel 1896 e Pierre Curie nel 1903) sembrò cancellare in un colpo solo tutti i precedenti tentativi di spiegazione introdotti per tentare di rendere ragione sia della smisurata quantità di energia liberata dal Sole, sia della durata di questa emissione. Ma le osservazioni astronomiche mostrarono non solo che il Sole non era così ricco di materiali radioattivi, ma anche che era per la maggior parte formato da idrogeno gassoso. E la produzione di energia del Sole tornò ancora ad essere un rompicapo senza soluzione.

Oggi sembra quasi banale che la risposta debba essere ricercata nella famosa equazione di Albert Einstein che lega massa ed energia, ma fino al 1920 il legame di quella relazione con l’energia stellare non era affatto ovvio. La svolta fu propiziata da Francis W. Aston che, misurando con estrema precisione le masse di molti elementi nel corso delle sue ricerche sugli isotopi del Neon, scoprì come quattro atomi di idrogeno fossero più pesanti di un nucleo di elio. La scoperta non sfuggì ad Arthur Eddington che – interpretando quella differenza di massa in termini di energia equivalente – prontamente suggerì che il motore energetico del Sole potesse essere la conversione di atomi di idrogeno in elio. L’idea era ottima, ma c’erano due problemi da risolvere. Non solo si dovevano trovare le reazioni in grado di assicurare tale conversione – si tenga presente che, tra l’altro, dovevano ancora essere scoperti il neutrone, il positrone, il neutrino e l’atomo di deuterio – ma era, prima di tutto, necessario trovare quale sotterfugio mettere in campo per spiegare come poter eludere la barriera della repulsione coulombiana delle cariche elettriche. A quest’ultimo inconveniente venne posto rimedio nel 1928, con la scoperta dell’effetto tunnel, uno dei primi frutti del “Principio di Indeterminazione” formulato da Heisenberg.

Scusandoci con i puristi del linguaggio fisico, potremmo descrivere la situazione in questo modo: se un protone riesce a trovarsi sufficientemente vicino a un altro protone in un gas ad alta temperatura, l’indeterminazione della sua posizione può rendere reale la possibilità che si possa trovare al di là della barriera coulombiana (repulsiva) cadendo così nel dominio delle interazioni nucleari forti (attrattive). Una situazione, dunque, che renderebbe possibile, partendo da due protoni distinti, giungere alla formazione di un nucleo di deuterio. Per risolvere l’altro enigma si dovranno attendere ancora una decina d’anni e le intuizioni geniali di Hans Bethe, Charles Critchfield e Carl Friedrich von Weizsäcker. È grazie a questi giganti della fisica atomica che noi conosciamo come sono alimentate le fornaci nucleari del Sole e delle altre stelle.

Oggi noi sappiamo che i principali motori di produzione energetica stellare sono il ciclo protone-protone, il cosiddetto “ciclo CNO” e il “triplo processo alfa”. Mentre i primi due meccanismi utilizzano l’idrogeno quale combustibile per giungere alla produzione di atomi di elio, il terzo impiega particelle alfa (cioè nuclei di elio) per costruire gli elementi più complessi. Poiché, però, quest’ultimo processo è caratteristico di stelle estremamente calde (il suo innesco necessita di temperature superiori a 100-120 milioni di gradi) e interessa poco le stelle della sequenza principale come il nostro Sole, ci permettiamo di lasciarlo in disparte occupandoci solamente degli altri due cicli energetici.

Il ciclo protone-protone è il più comune tra le stelle a temperatura inferiore. Perché la catena possa innescarsi è comunque necessario che la zona centrale della stella raggiunga i 6 milioni di gradi. Sostanzialmente, possiamo descrivere il processo come la trasformazione di quattro protoni in un atomo di elio, meccanismo nel quale la massa mancante misurata da Aston viene convertita in energia, proprio come intuito da Eddington. Volendo banalizzare ancor di più, potremmo descrivere la catena p-p come una combustione di idrogeno che lascia atomi di elio come cenere. Nella Fig. 1 sono evidenziate le reazioni nucleari coinvolte nella catena e i tempi caratteristici di ogni fase.

 

Fig. 1.

 

Per le stelle più calde, invece, diventa di gran lunga più redditizio un altro meccanismo, il cosiddetto ciclo CNO (ciclo carbonio-azoto-ossigeno). Perché si inneschi questo processo, però, è necessario che nel nucleo stellare vi sia una temperatura di 15 milioni di gradi e vi sia la presenza di nuclei di carbonio che svolgano la funzione di intermediari. In sostanza, si tratta ancora di trasformare quattro atomi di idrogeno in un atomo di elio, ma questa volta le reazioni coinvolgono elementi più complessi, quali appunto il carbonio, l’azoto e l’ossigeno. Seguendo passo passo la sequenza delle reazioni nucleari coinvolte – la leggenda vuole che Bethe l’abbia codificata mentre tornava, in treno, da un congresso – si può notare come gli atomi di carbonio, azoto e ossigeno che partecipano alle reazioni si mantengono in proporzioni inalterate agendo solamente da catalizzatori (vedi Fig. 2).

 

Fig. 2.

 

Abbiamo già sottolineato come, sia nel ciclo protone-protone, che nel ciclo CNO spariscono quattro atomi di idrogeno e compare un atomo di elio. Precisiamo subito che questo gioco di prestigio non prosegue indefinitamente fino a consumare tutta la stella. Solo nel nucleo, infatti, sussistono le condizioni perché si possano attivare i processi di fusione. Con il trascorrere del tempo, però, questa “cenere” di elio finisce con l’accumularsi nel centro della stella obbligando le reazioni termonucleari a migrare nel guscio sovrastante. Inizialmente, questo comporterà un aumento delle dimensioni stellari, ma in seguito l’inesorabile calo della produzione energetica non sarà più in grado di mantenere gonfia la stella, che inizierà a cadere su se stessa. Questa contrazione provocherà un notevole aumento di temperatura nel nucleo e così si potranno accendere i processi di fusione dell’elio.

Una situazione che – sempre che la disponibilità di massa lo consenta – si ripeterà anche nei successivi stadi evolutivi, tanto che nelle fasi finali dell’evoluzione delle stelle più calde e massicce si giungerà a formare una serie di gusci concentrici, ciascuno dei quali produrrà energia impiegando come combustibile la “cenere” del guscio sovrastante. Una volta giunti alla produzione del ferro, però, il gioco si deve fermare: le reazioni non producono più energia, ma la assorbono e i processi delle fornaci stellari giungono al capolinea. Tutto lascia intendere che la stella sia ormai condannata a un lento e inesorabile raffreddamento, ma è proprio a quel punto che le stelle più massicce giocano il loro asso nella manica: l’esplosione di supernova.

 


Home
Spigolature

 

Livello
Avanzato