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La gravità modificata (mond)
Annibale D’Ercole

Come abbiamo detto nel livello base, le stelle con velocità u che orbitano circolarmente nel disco di una galassia a spirale, ad una distanza r dal centro, sono sottoposte, da parte del bulge di massa M, a un’accelerazione di gravità pari, secondo Newton, a GM/r2. Queste stelle non cadono verso il centro, ma rimangono stabilmente a una distanza r, perché l’accelerazione di gravità è controbilanciata dall’accelerazione centrifuga ac = u2/r. Dall’eguaglianza di queste due accelerazioni deriva . La curva di rotazione dovrebbe quindi decrescere con la distanza, ma le osservazioni ci dicono invece che rimane costante. Vi è dunque un eccesso di forza centrifuga che deve essere controbilanciato da un qualche surplus gravitazionale. Secondo la quasi totalità degli astronomi, questo surplus è dovuto alla presenza di un alone oscuro in cui è immersa la galassia. Per capire come la presenza di questo alone possa spiegare la curva di rotazione, supponiamo che esso abbia una densità che decresce con il raggio secondo la legge r(r) µ 1/r2 e immaginiamo, ora, di suddividere idealmente l’alone in tanti gusci sferici di spessore Dr, come se fosse una cipolla. La massa contenuta in un guscio di raggio r è data dal prodotto della densità r(r) per il suo volume V = 4pr2Dr, e si ha pertanto M = rV µ Dr; assumendo spessori tutti uguali, risulta che i gusci hanno tutti la stessa massa. Ora, la massa M(R) dell’alone contenuta fino ad una distanza R è data dalla somma delle masse di tutti i gusci compresi fino a R; dal momento che il numero di gusci è proporzionale a R, lo è anche la somma delle loro masse e quindi M(R) µ R[1]. Pertanto, in questo caso, una stella che orbita circolarmente a una distanza R è sottoposta ad un’accelerazione di gravità g = GM(R)/R2 µ 1/R; se, come sopra, poniamo g = ac, si ricava υ = costante, ovvero la velocità non dipende dalla distanza.

Abbiamo detto che la materia oscura giustifica l’eccessiva velocità con cui si muovono le stelle e le galassie. Pertanto, la stragrande maggioranza degli astronomi è propensa a credere alla sua reale esistenza, nonostante non si possa “vedere” direttamente e neanche si sappia da cosa è composta. Una minoranza d’astronomi, tuttavia, ritiene che la nostra attuale conoscenza della materia oscura sia qualcosa di troppo “evanescente” per poterle conferire lo status di realtà scientifica e preferisce spiegare le anomale velocità osservate, ipotizzando che la gravità reale non sia descritta pienamente dalla formula di Newton. In effetti, non è ancora stato possibile verificare la validità di quest’ultima per valori molto bassi di g, inferiori a quelli misurabili all’interno del Sistema solare. Siamo allora liberi di ipotizzare – come fa la mond – che, a grandi distanze dalla massa gravitante, g decresca come 1/r piuttosto che come 1/r2. L’accelerazione di gravità si può allora scrivere come

                                   (1)

 

dove

 .

 

L’equazione (1) è un’equazione fenomenologica che introduce una nuova costante della natura, g0. La forma precisa della funzione f(x) non è derivabile a priori e, in realtà, non è molto importante. Tuttavia si richiede che i suoi comportamenti asintotici siano i seguenti[2]:

se  ;

se  .

 

Pertanto, quando l’accelerazione di gravità, calcolata secondo Newton, è molto maggiore di g0, l’equazione (1) ricalca la formula di Newton; nel caso invece in cui l’accelerazione newtoniana sia più piccola di g0 (GM/r 2<< g0) si ottiene:

  .                (2)

 

Se, dunque, a grandi distanze dal centro galattico utilizziamo l’equazione (2) per imporre l’equilibrio tra accelerazione gravitazionale e centrifuga, otteniamo

 

  ,

 

da cui

 

 .                  (3)

 

Come si vede, in questo caso la velocità circolare delle stelle non dipende dalla distanza. Inoltre, risulta una chiara relazione tra u e g0 che permette di calcolare quest’ultima, una volta che siano state misurate u e M. Si ottiene g0 = 1.2×10-8 cm s-2. Questo valore è circa 10 000 volte più piccolo dell’accelerazione di Plutone, la minima accelerazione gravitazionale misurata; se fosse stato paragonabile, avremmo dovuto già osservare nell’orbita di Plutone deviazioni dalla formula newtoniana e siccome non è questo il caso, la mond sarebbe già stata falsificata.

Naturalmente, non stupisce che la mond sia in grado di spiegare le curve di rotazione delle galassie a spirale, dal momento che è stata costruita “su misura” per risolvere questo problema. Tuttavia, in svariati altri casi essa si è rivelata persino superiore alla teoria newtoniana. Noi qui ne ricordiamo un paio: la relazione di Tully-Fisher, e le galassie di bassa brillanza superficiale.

 

La relazione di Tully-Fisher

Questa è una relazione empirica, scoperta nel 1977 da Brent Tully e Richard Fisher, secondo cui la luminosità assoluta (proporzionale alla massa stellare) di una galassia a spirale è proporzionale alla quarta potenza della velocità di rotazione, ovvero M µ u4. Quest’ultima relazione viene interpretata in modo naturale dalla mond tramite l’eq. (3), mentre nessuna spiegazione diretta è derivabile dalla teoria newtoniana che deve necessariamente ipotizzare la presenza di un’appropriata quantità di materia oscura opportunamente distribuita.

 

Galassie di bassa brillanza superficiale

Si consideri una galassia sferica di massa M e raggio R; essa avrà una luminosità proporzionale al numero di stelle e dunque (in assenza di materia oscura) alla massa M: L = KM, dove K è una costante di proporzionalità nota che dipende dalle proprietà delle stelle. A un osservatore la galassia appare come un disco luminoso di brillanza superficiale S = L/pR2, indicante la quantità di radiazione proveniente dall’unità di superficie (p.e. 1 cm2). Galassie molto estese e/o di bassa luminosità hanno una bassa brillanza superficiale e sono indicate con l’acronimo lsb (dalle parole inglesi Low Surface Brightness); in caso contrario vengono dette galassie hsb (High Surface Brightness). Le stelle nelle regioni esterne della galassia sono sottoposte, nel caso newtoniano, ad un’accelerazione gravitazionale

 

 

.

 

 

Se e quando g < g0 – ovvero quando la brillanza superficiale è minore di S0 = g0K/Gp – le stelle esterne sono in regime mond. Possiamo allora identificare le galassie hsb come galassie con S > S0. Queste galassie sono in regime misto: newtoniano nelle regioni interne e mond all’esterno. La curva di rotazione, dopo una ripida salita, decresce con il raggio (come atteso dalla teoria newtoniana), fino a distanze per cui g < g0, dove giunge al suo asintoto, restando costante (come atteso dalla mond). Al contrario, le galassie lsb (S < S0) sono ovunque in regime mond: in questo caso la curva di rotazione cresce fino a diventare costante (Fig. 2). Come nel caso della relazione di Tully-Fisher, la mond spiega naturalmente le osservazioni, mentre la teoria newtoniana deve ricorrere alla materia oscura.

 

Fig. 2 – Curva di rotazione della galassia ad alta brillanza superficiale ngc2903 (pannello inferiore) e della galassia a bassa brillanza superficiale ngc1560 (pannello superiore). I pallini neri rappresentano i dati osservativi (con relativo errore). Le linee tratteggiate e punteggiate rappresentano, rispettivamente, il contributo newtoniano della gravità del gas e delle stelle alla curva; come si vede, non sono sufficienti a riprodurre i dati. La linea continua rappresenta la previsione mond.

 

 


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[1] Chi ha qualche familiarità con gli integrali può rapidamente calcolare la massa dell’alone fino alla distanza R come .

[2] Una funzione con le caratteristiche richieste è, ad esempio, .