Consideriamo un proiettile
di massa m posto alla superficie di un corpo
celeste (ad esempio la Terra) di massa M e raggio R.
Il proiettile è vincolato a rimanere sulla Terra a causa della gravità
e l’intensità di questo legame è dato dalla quantità
U = G M m / R detta
appunto energia di legame (G è la costante
di gravità di Newton). E' possibile sciogliere questo legame e spedire
il proiettile nello spazio senza che faccia più ritorno a patto
di fornire a quest'ultimo una velocità iniziale vo
a cui è associata un’energia cinetica To=0.5mvo2
pari o superiore ad U.
In questo caso parte dell’energia
cinetica viene spesa per compensare l’energia di legame, e il proiettile
si muoverà a grande distanza con un’energia residua T=To-U,
ovvero con una velocità
dove
è detta velocità di fuga.
Se vo=vf
(ovvero To=U ) il proiettile riesce a stento ad
allontanarsi e la sua velocità diminuisce fino ad annullarsi a grande
distanza.
Per vo<vf
il radicando diventa negativo e non è possibile eseguire l’operazione
di radice; dal punto di vista fisico, questo significa che il proiettile
non riesce ad allontanarsi indefinitamente ed è destinato ad invertire
il suo moto e ricadere a terra. Dunque, per permettere ad un qualunque
oggetto di abbandonare il corpo a cui è legato gravitazionalmente
bisogna dotarlo di una velocità almeno pari a quella di fuga.
Si noti che vf
non dipende dalla massa del proiettile ma solo dalle caratteristiche del
corpo celeste.
Per un corpo sufficientemente massiccio
e compatto la velocità di fuga può arrivare ad essere pari
o superiore alla velocità della luce c. Dall’espressione
per la velocità di fuga si ricava che in questo caso il raggio dell’astro
deve essere inferiore o uguale al raggio di Schwarzschild RS=2GM/c2.
Un corpo del genere è detto
buco nero in quanto neanche la luce eventualmente prodotta alla sua superficie
è in grado di allontanarsi e raggiungere, ad esempio, un osservatore
lontano: un buco nero risulta pertanto invisibile. Dal momento che nulla
può superare la velocità della luce, qualunque cosa cada
all’interno del raggio di Schwarzschild non può più tornare
indietro e scompare per sempre dalla vista di un osservatore esterno.
Vediamo ora l’effetto del buco nero
sullo scorrere del tempo.
Ad un fotone di frequenza
è associata un’energia elettromagnetica E=h
, dove h è la costante di Planck. Tramite la nota
relazione relativistica E=mc2 che lega l’energia
alla massa di una particella, possiamo formalmente attribuire ad un fotone
una massa mv=E/c2=h/c2
.
Pertanto, contrariamente a quanto
stabilito nella fisica classica, i fotoni risentono di un’eventuale forza
di gravità che agisca su di essi. Così come un oggetto materiale
perde progressivamente energia cinetica diminuendo la propria velocità
man mano che si allontana dal corpo che lo attrae, analogamente un fotone
perde energia riducendo la propria frequenza.
Dunque l’energia di un fotone sfuggito
all’astro che lo ha emesso non è uguale a quella iniziale Eo
giacché in parte è stata spesa per controbilanciare l’energia
di legame: l’effettiva energia del fotone è data da E=Eo-U.
Questa condizione sull’energia porta
alla relazione tra la frequenza o
al momento dell’emissione e la frequenza
misurata da un ipotetico osservatore distante:
= o ( 1 -
GM / Rc2 ) = o
( 1- 0.5 RS/ R )
Questa espressione, ottenuta con semplici
passaggi algebrici, rappresenta una buona approssimazione nel caso di astri
"normali" con raggi assai superiori al raggio di Schwarzschild e campi
gravitazionali deboli (RS/R<<1). Nei pressi
di un buco nero, dove la gravità è consistente e RS/R1,
si deve ricorrere alla relazione esatta che si ottiene dalla teoria della
relatività generale e che vale (vedi nota a piè pagina)
Questa formula è simile a quella
ottenuta per la velocità di un corpo materiale e valgono considerazioni
analoghe. La frequenza della radiazione emessa da astri con R>RS
diminuisce, e questo effetto è detto spostamento verso il rosso
gravitazionale (per il fatto che la radiazione rossa è quella
di minore frequenza osservabile dall’occhio umano).
Per RRS
la frequenza si annulla, ovvero il fotone non è in grado di abbandonare
la regione da cui è stato emesso. Abbiamo dunque riottenuto il significato
di raggio di Schwarzschild seguendo un ragionamento diverso dal precedente.
Tuttavia questo ragionamento è
in grado di portarci più lontano.
La frequenza di un fotone è
uguale alla frequenza con cui oscillano gli elettroni dell’atomo da cui
è stato emesso. Queste oscillazioni, al pari di quelle di un pendolo,
scandiscono il tempo che passa. Abbiamo visto che per un osservatore lontano
la frequenza della radiazione emessa da atomi posti vicino al raggio di
Schwarzschild appare diminuire; questo equivale a dire che per tale osservatore
il tempo nei pressi di un buco nero rallenta. Questo rallentamento aumenta
man mano che ci si avvicina al buco nero: al raggio di Schwarzschild la
gravità è così forte che il tempo "si ferma".
Durante la caduta di un’astronave
verso un buco nero il tempo continua a scorrere normalmente per lo sfortunato
occupante. All’osservatore distante, a causa della distorsione temporale,
l’astronave sembra invece rallentare sempre più man mano che si
avvicina ad una distanza pari al raggio di Schwarzschild, senza raggiungerla
mai; contemporaneamente i fotoni che giungono dall’astronave sono sempre
meno energetici, e l’immagine progressivamente "sbiadisce" fino a scomparire.
Nota
E' facile vedere che la formula
esatta e quella approssimata danno lo stesso risultato nel caso di campi
gravitazionali deboli.
Posto y=v/vo
e x=Rs/ R le formule esatta e approssimata si scrivono,
rispettivamente y=(1-x)1/2 e
y=1-0.5x.
Elevando al quadrato entrambe le
espressioni otteniamo, nell'ordine, y2=1-x e y2=1-x+0.25x2.
Avendo assunto x<<1,
il termine quadratico dell'ultima espressione può essere trascurato;
di conseguenza in entrambi i casi si ottiene y=(1-x)1/2.
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