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Sulla massa delle galassie
Annibale
D’Ercole
Consideriamo una nube autogravitante in equilibrio, in cui, cioè, la propria
forza di gravità sia bilanciata dalla pressione dovuta all’energia termica
del gas. [Per semplicità trascuriamo la presenza di un alone di material oscura.] Questa energia termica è data
dall’energia cinetica delle particelle che compongono il gas: maggiore è
l’energia cinetica, maggiore è la temperatura. Dalla meccanica statistica
sappiamo che l’energia media di una singola particella può essere espressa
come kT,
dove k è la costante di Boltzmann e T è la temperatura della nube.
D’altra parte, l’energia potenziale di questa stessa particella, ad esempio
un protone, si può scrivere come GMmp/R,
dove G è la costante di
gravitazione, mp la
massa del protone, M la massa
della nube (assunta sferica) ed R
il suo raggio. In una nube in equilibrio si ha pertanto: (1) [Qui
siamo interessati solo a considerazioni di ordine di grandezza e a mettere in
luce gli aspetti fisici dei meccanismi esposti, piuttosto che le procedure
matematiche necessarie per descriverli (peraltro troppo complesse in questo
ambito). Per questo motivo le costanti numeriche dell’ordine dell’unità
vengono trascurate.] Date
le masse caratteristiche delle nubi protogalattiche,
l’energia di ogni singola particella è assai superiore all’energia necessaria
per ionizzare l’idrogeno collisionalmente: (2) Il
termine a destra della disuguaglianza rappresenta il potenziale di
ionizzazione dell’idrogeno, ed è espresso in termini della massa me e della carica q dell’elettrone, e della costante di
Plank h. In base a quanto appena
detto possiamo dunque considerare la nube (che per semplicità assumiamo
composta solamente da idrogeno) completamente ionizzata. Come
abbiamo detto nel livello base, una nube autogravitante
tende a porsi in equilibrio. Tuttavia è possibile che questo equilibrio venga
spezzato a causa delle perdite radiative. Perché questo possa avvenire, è
necessario che tr £ tc,
ovvero che il tempo di raffreddamento sia inferiore al tempo di collasso,
cioè al tempo impiegato dalla nube ad addensarsi al centro; in questo caso,
infatti, il calore prodotto dalla compressione viene irraggiato rapidamente,
invece di essere “incamerato” dal gas, e la compressione può procedere
ulteriormente. Per
capire, dunque, sotto quali condizioni sia possibile la formazione di una
galassia, è necessario calcolare esplicitamente i tempi tc e tr.
Calcolo di tr
- La quantità di energia L emessa nell’unità di tempo da un elettrone sottoposto ad un accelerazione a è data dalla formula di Larmor dove q è la carica dell’elettrone e c è la velocità della luce. Dal
momento che, come abbiamo visto, il gas è ionizzato, gli elettroni si muovono
liberamente tra i protoni. Consideriamo allora un elettrone dotato velocità u che giunge in prossimità
di un protone. Arrivato a una distanza b
da quest’ultimo, l’elettrone risente della forza attrattiva di Coulomb che si
esercita tra le due particelle, la cui intensità è dell’ordine di mea ~ (q2/b2), e
subisce dunque un’accelerazione a ~
(q2/meb2).
La formula di Larmor diventa quindi L ~ (q6/me2c3)(1/b4). Per ottenere Lt , l’energia totale
irraggiata per unità di volume, è necessario tenere conto della densità di
elettroni ne e di
protoni np,
e dei contributi che provengono dalle diverse distanze b. Il calcolo esatto è troppo complesso per poter essere
riportato in queste note; un calcolo approssimato, benché più abbordabile, ci
porterebbe lontano dall’argomento di queste “spigolature”. Ci limitiamo pertanto
a riportare l’espressione per Lt
senza ulteriori commenti: L’irraggiamento
appena descritto, dovuto a un gas caldo ionizzato, è detto “radiazione di bremsstrahlung”. Il
tempo di raffreddamento è definito come il tempo necessario per irraggiare
tutta l’energia termica. Avendo assunto un gas di puro idrogeno, possiamo
scrivere ni = ne = n; l’energia termica per unità di volume è allora pari a nkT e il tempo di
raffreddamento è dato da Calcolo di tc
- Consideriamo una nube “fredda”, ovvero la cui energia
termica sia trascurabile rispetto a quella gravitazionale. In questo caso la
nube tenderà a contrarsi sotto il suo stesso peso senza che la pressione del
gas possa esercitare alcun contrasto. Si dice allora che la nube “collassa”,
e gli strati più esterni precipitano verso il centro in caduta libera. Com’è
noto, nella vita quotidiana un oggetto lasciato cadere liberamente è soggetto
ad un’accelerazione costante g e
percorre, in un tempo t, una
distanza r = 0.5gt2. Ribaltando questa
formula, possiamo dire che il tempo impiegato da un oggetto per cadere in
terra da un’altezza r è pari a t = (2r/g)1/2. Tornando alla nostra nube, un elemento di gas
posto alla sua superficie è sottoposto ad una accelerazione a = GM/R2; questa accelerazione non è costante perché R diminuisce man mano che il collasso
procede. Tuttavia, noi siamo interessati solo a valutazioni di ordini di
grandezza e dunque applichiamo ugualmente la formula per il tempo di caduta
ricavata più sopra. Otteniamo pertanto per il tempo di collasso la seguente
espressione: . Dalla
condizione tr < tc
ricaviamo Se
ora consideriamo una nube con raggio pari a Rcr e teniamo conto
delle equazioni (1) e (2), otteniamo finalmente la seguente condizione: M. Questo
risultato indica che una nube con massa ~ 1011 M
e raggio ~ 70 kpc può raffreddare rapidamente e
formare strutture legate gravitazionalmente. Durante questa fase la nube si
contrae fino a un raggio dell’ordine di 10-20 kpc,
tipico delle galassie più grandi. Quello appena descritto rappresenta dunque
un possibile scenario per la formazione delle galassie, dal momento che molte
galassie hanno una massa dell’ordine di Mcr. Si noti che Mcr
e Rcr
derivano unicamente dalle costanti fondamentali della fisica. |