|
|
|
|
|
La fionda gravitazionale
Annibale
D'Ercole
Osservatorio
Astronomico - Bologna
Una pallina da ping-pong che urta
ortogonalmente con velocità υ’
contro un muro, rimbalza indietro con velocità uguale e contraria. È facile
capire che, se la stessa pallina urta invece contro una palla da basket che
si sta muovendo verso di lei con velocità V’, rimbalzerà con una
velocità superiore a υ’.
Le velocità υ e V della pallina e della palla da
basket dopo l’urto possono essere calcolate nel modo seguente. Assumiamo che
le due palle si scontrino frontalmente in maniera completamente elastica;
questo significa che non solo la quantità di moto, ma anche l’energia
cinetica del sistema viene conservata. Dunque, la somma delle quantità di
moto delle due palle deve rimanere la stessa prima e dopo l’urto e lo stesso
vale per la somma delle energie cinetiche. Possiamo dunque scrivere: , (1) . (2) La massa della pallina e
quella della palla da basket sono indicate rispettivamente da m ed M.
Conveniamo di prendere positive le velocità nella direzione del moto della
palla da basket: questo spiega il segno meno presente nell’equazione (1).
Assumiamo per il momento che prima dell’urto il pallone e la pallina abbiano
lo stesso valore (a parte il segno) e sia dunque V’= – υ’
= υo.
Questa ipotesi serve solo per semplificare i calcoli, e verrà abbandonata tra
breve. Risolvendo il sistema di equazioni (1)-(2) si ottiene , (3) , (4) dove x = m/M rappresenta il rapporto
tra la massa della pallina e quella della palla da basket. Dal momento che
quest’ultima è molto più pesante, x è molto piccolo e può essere trascurato
nelle equazioni (3) e (4). In definitiva, otteniamo V ≈ υo
e υ ≈ 3 υo.
Dunque, la palla da
basket non si accorge quasi dell’urto e continua a muoversi sostanzialmente
con la stessa velocità. Al contrario, la pallina triplica la propria velocità
e la sua energia cinetica diventa nove volte maggiore. Da dove viene questa
energia? Naturalmente, è fornita dalla palla da basket nonostante essa
mantenga essenzialmente la velocità iniziale. In effetti, dall’equazione (3)
si vede che l’energia ceduta dalla palla da basket rappresenta solo una
percentuale di 8x della propria energia iniziale – davvero molto piccola – ma
ben l’800% dell’energia iniziale della pallina. Possiamo ora
generalizzare il risultato precedente abbandonando l’ipotesi che le due palle
abbiano inizialmente la stessa velocità (a parte il segno). Il ragionamento è
alquanto semplice e vale nel caso in cui x sia molto piccolo e, dunque, la
palla da basket si muova sempre con la stessa velocità: V = V’. Fig. 2. Poniamoci nel sistema di
riferimento della palla da basket (immaginiamo di “sederci” su di essa); in
questo riferimento quest’ultima è ovviamente ferma, e “vede” la pallina da
ping-pong avvicinarsi con velocità V’ + υ’
prima dell’urto, ed allontanarsi con la stessa velocità (ma col segno
opposto) successivamente. Torniamo ora nel riferimento iniziale, in cui la
palla da basket si muove con velocità V’; dopo l’urto vedremo muoversi la
pallina ad una velocità υ = 2V’ + υ’,
dal momento che la velocità relativa υ – V tra i due oggetti
deve continuare ad essere V’ + υ’
(come abbiamo dedotto ponendoci nel sistema di riferimento precedente). È
facile verificare che, nel caso in cui inizialmente le due palle abbiano la
stessa velocità, dopo l’urto la pallina triplica la propria velocità:
esattamente il risultato ottenuto in precedenza. Possiamo ora applicare
questi ragionamenti ad un caso di interesse astronomico. Consideriamo dapprima
l’eventualità molto particolare di una sonda lanciata dalla Terra verso un
pianeta su un’orbita tale per cui essa si avvicina frontalmente a velocità υ’,
mentre il pianeta stesso le va incontro a velocità V. La sonda opererà
un’inversione ad “U”, come illustrato nella figura 2. Si tratta di un caso
simile a quello della pallina da ping-pong che rimbalza contro la palla da
basket, anche se in questo caso il “rimbalzo” non è dovuto a cause meccaniche
ma alla gravità del pianeta; anche in questo caso, tuttavia, valgono sia la
conservazione della quantità di moto che dell’energia e valgono, quindi, le
considerazioni fatte più sopra. Ne consegue che la sonda, dopo aver
interagito con il pianeta, si allontanerà da esso con una velocità υ
= υ’ + 2V, ben più alta di quella
iniziale. La figura 3 illustra il
caso, più realistico, di un’orbita di una sonda la cui orbita viene deflessa
dall’incontro con un pianeta. Fig. 3a Fig. 3b Naturalmente, i
ragionamenti precedenti sono validi anche in questo caso, ma bisogna fare
attenzione a non considerare tutta la velocità della sonda, ma solo la
componente parallela alla velocità del pianeta. La figura 3a illustra la
situazione nel sistema di riferimento del pianeta, in cui quest’ultimo è
fermo e la sonda alla fine si allontana con la stessa velocità con cui si è
avvicinata. La figura 3b mostra il fenomeno nel sistema di riferimento del
Sole, in cui la sonda si allontana con una velocità maggiorata di una
quantità che dipende dalla velocità del pianeta e dall’angolo formato da
quest’ultima con la velocità di avvicinamento della sonda. Se i pianeti fossero
puntiformi, la sonda potrebbe guadagnare molta energia ad ogni incontro,
passando vicinissima ad essi, e potrebbe raggiungere una velocità infinita
dopo un numero di incontri finito. In realtà, questo non è possibile perché i
pianeti sono oggetti estesi e perché in un passaggio troppo ravvicinato la
sonda attraverserebbe la loro atmosfera e rallenterebbe per attrito. |