L'effetto Sunyaev-Zel'dovich
Annibale D'Ercole
Osservatorio Astronomico - Bologna

 

Il gas intergalattico contenuto negli ammassi di galassie possiede temperature dell’ordine 107<T<108 K, ed è quindi altamente ionizzato.


Gli elettroni sono dunque slegati dai nuclei e si muovono liberamente.  E' noto dall’elettromagnetismo che una particella carica emette radiazione ogni volta che viene accelerata.  Pertanto un elettrone emette radiazione ogni volta che "urta" uno ione, ovvero passa sufficientemente vicino ad un nucleo atomico: in questo caso, infatti, l’elettrone deflette dalla propria orbita rettilinea a causa dell’accelerazione dovuta alla forza elettrica che si esercita tra nucleo ed elettrone.  Maggiore è il numero di urti nell’unità di tempo, maggiore è l’intensità della radiazione emessa.
Se la densità degli ioni è pari ad ni, questo significa che, all’interno di un cm3, ogni singolo elettrone emette una quantità di radiazione proporzionale a ni urti.
La radiazione totale si ottiene moltiplicando per il numero totale n~ni degli elettroni presenti nel cm3, e risulta dunque proporzionale al quadrato della densità, n2.
Finalmente, l’intensità totale di radiazione proveniente dal gas dell’ammasso lungo la linea di vista si ottiene sommando i contributi di tutti gli elementi di volume allineati sul diametro dell’ammasso lungo tale direzione: 

I x n2 L

       ( 1 )

dove L rappresenta il raggio dell’ammasso (assunto sferico).


Questa formula è stata ottenuta assumendo una distribuzione uniforme di gas all’interno dell’ammasso.  Una simile assunzione è irrealistica perché il gas tende a concentrarsi verso il centro dell’ammasso della galassia e la densità è dunque una funzione decrescente del raggio L dell’ammasso.   La formula corretta è dunque:

Tuttavia a noi qui preme evidenziare la logica generale, trascurando le difficoltà tecniche, e nel seguito faremo riferimento all'equazione (1).
Il pedice x nel simbolo dell’intensità sta ad indicare che, a causa dell’alta temperatura degli elettroni, la radiazione viene emessa nell’intervallo delle frequenze dei raggi X.

Ma gli elettroni del gas intergalattico, oltre a collidere con gli ioni emettendo radiazione X, interagiscono con i fotoni della radiazione cosmica di fondo.
Data la loro elevata temperatura, gli elettroni, urtando i fotoni, sono in grado di comunicare a questi ultimi una frazione della propria energia tramite un processo detto effetto Compton inverso.
Entriamo un poco più nel dettaglio di questo fenomeno.
Le particelle di un gas ad una certa temperatura non hanno tutte la stessa velocità, ovvero la stessa energia cinetica.  Alcune saranno più lente ed altre più veloci, e la temperatura dà una misura dell’energia media delle particelle.   Analogamente, un "gas" di fotoni ad una certa temperatura (quale la radiazione cosmica) non è composto da fotoni tutti della stessa energia, ovvero della stessa frequenza (essendo l’energia di un fotone pari a E=h
, dove h è la costante di Plank e  la frequenza). 

Figura 1
La distribuzione spettrale della radiazione cosmica di fondo (linea
continua) e la distorsione dovuta all’effetto Sunyaev-Zel’dovich.

Alcuni avranno frequenze minori, ed altri maggiori (la curva continua nella figura 1 mostra come sono distribuiti i fotoni in funzione della frequenza, ovvero il numero di fotoni di ogni frequenza presenti in un cm3).


Succede allora che, urtando con gli elettroni, i fotoni meno energetici acquistano energia aumentando la propria frequenza, mentre il contrario accade per i fotoni di alta frequenza.  I due effetti tuttavia non si bilanciano, e il risultato finale netto è una diminuzione di fotoni a basse frequenze ed un aumento alle alte frequenze (linea tratteggiata nella figura 2).
La frequenza critica a cui l’effetto si inverte è pari a circa 217 GHz (1 Ghz=109 Hz) e cade nell’intervallo delle onde radio.  I radiotelescopi operano in genere a frequenze inferiori (decine di GHz) e percepiscono dunque la radiazione di fondo nell’intervallo di frequenze in cui l’effetto Compton inverso opera un decremento nel numero di fotoni, e dunque nell’intensità della radiazione di fondo.   Pertanto, misurando l’intensità della radiazione di fondo a queste frequenze in direzione di un ammasso di galassie, essa risulterà diminuita di una quantità I  rispetto alla stessa misurata lungo una direzione che non intercetta alcun ammasso.
Ovviamente, in analogia a quanto detto prima, questo decremento è proporzionale al prodotto del numero di elettroni e di fotoni e alla profondità dell’ammasso.
Dal momento che la radiazione di fondo è omogenea ed isotropa, il numero di fotoni è sempre lo stesso in ogni direzione, e può essere considerato costante.
Pertanto otteniamo: 

n L

       ( 2 )

Con osservazioni congiunte di raggi X e onde radio è possibile misurare IxI  e risolvere il sistema di equazioni (1) - (2) ricavando sia la densità n del gas intergalattico che il diametro L dell’ammasso.


Di conseguenza, si ricava anche la massa del gas nL3.
Inoltre, dall’immagine ai raggi X del gas caldo è possibile misurare l’angolo  da esso sotteso sulla sfera celeste.
Ma questo angolo è pari a  = L / , dove  è la distanza dell’ammasso.   Quest’ultima può dunque essere ricavata una volta che sia stato ottenuto in precedenza il valore di L.

La misura delle distanze degli ammassi è molto importante a livello cosmologico per la determinazione della costante di Hubble Ho che, com’è noto, dà una misura del tasso di espansione dell’universo e della sua età.
La legge di Hubble stabilisce che le galassie si allontanano con una velocità v proporzionale alla loro distanza D  v=HoD.
La velocità di allontanamento degli ammassi si ottiene, come al solito, tramite l’effetto Doppler: la radiazione proveniente dagli ammassi è spostata a lunghezze d’onda tanto maggiori quanto maggiore è la velocità di allontanamento v.
Da osservazioni spettroscopiche degli ammassi si misura dunque questo spostamento ricavando la loro velocità.
In congiunzione con la determinazione della distanza tramite l’effetto Sunyaev-Zel’dovich, si risale infine alla costante di Hubble Ho=v/D.
L’età dell’universo, dell’ordine di (2/3) Ho-1, risulta essere compresa nell’intervallo 10 -16 miliardi di anni, in buon accordo con stime ottenute tramite tecniche diverse.

 


 

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