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La forza mareale
Annibale D’Ercole

Immaginiamo un uomo che si lanci da un trampolino con il cosiddetto stile “a candela”, ovvero rimanendo in posizione verticale per tutta la durata del tuffo, con la testa in alto e i piedi in basso. L’effetto più ovvio della gravità terrestre è naturalmente quello di far cadere il tuffatore in acqua. Vi è però un secondo effetto, assai meno evidente, legato al fatto che la gravità diminuisce all’aumentare della distanza dal centro della Terra: i piedi sono “tirati” in basso più intensamente di quanto non lo sia la testa, che è più distante dal suolo. Il nostro tuffatore subisce pertanto una sorta di “stiramento” dovuto al differente valore della gravità tra testa e piedi: questo effetto viene detto “effetto mareale”, e la sua causa (la differenza di gravità) “forza mareale”. Dal momento che l’altezza del tuffatore è trascurabile rispetto al raggio terrestre, la differenza di gravità tra testa e piedi è parimenti trascurabile rispetto al valore della gravità sulla superficie terrestre: il tuffatore, dunque, non corre alcun serio rischio di essere stirato.

    Al contrario, in campo astronomico vi sono casi in cui la forza mareale gioca un ruolo di primo piano. Una stella che passasse sufficientemente vicina a un buco nero, ad esempio, potrebbe essere stirata fino a “sfarinarsi” del tutto. Non mancano poi esempi di effetti mareali nei dintorni e all’interno della nostra Galassia. Attorno alla Via Lattea orbitano alcune piccole galassie satellite; due di queste, la Piccola e la Grande Nube di Magellano, visibili dall’emisfero sud, subiscono una costante emorragia di gas dando luogo alla cosiddetta Corrente Magellanica, una “striscia” di gas che si estende tra le Nubi e la Galassia lungo un arco di 180° sulla volta celeste e che deriva da un’interazione mareale con la Via Lattea. Un’altra piccola galassia satellite, Sag deg (Sagittarius Dwarf Elliptical Galaxy), sta precipitando all’interno della nostra Galassia e, benché mantenga ancora un certo grado di coerenza, si trova in un avanzato stato di “smembramento” proprio a causa dell’azione mareale della Via Lattea.

    Ma non è necessario alzare gli occhi al cielo per assistere ad effetti mareali. Infatti le familiari maree che si susseguono periodicamente e che coinvolgono grandi masse d’acqua (oceani, mari e grandi laghi) sono proprio l’effetto della forza mareale esercitata dalla Luna sulla Terra (Fig. 1).

 

Fig. 1 – (a) Forza di gravità della Luna esercitata sulla Terra. (b) Forza mareale della Luna ottenuta sottraendo alla gravità esercitata in ogni punto la gravità esercitata al centro (la scala è magnificata rispetto ad (a) per meglio evidenziare la forza mareale). La figura è inesatta in quanto in realtà l’asse dei due rigonfiamenti mareali non è esattamente in direzione della Luna, perché il periodo orbitale di quest’ultima è maggiore del periodo di rotazione terrestre. (Copyright 2005, Pearson Prentice Hall, Inc.)

 

Similmente al tuffatore che viene “stirato” dal campo mareale terrestre, la Terra viene “stirata” dal campo mareale della Luna. Gli oceani tendono allora a formare due lobi, uno in direzione della Luna, ed uno in direzione opposta, come mostrato in Fig. 1. Dunque, un punto sulla Terra, compiendo un giro ogni 24 ore, sperimenta in un giorno due alte maree (quando attraversa i due rigonfiamenti) e due basse maree. (In verità il periodo è un poco superiore alle 24 ore. Si veda il livello avanzato.) I livelli d'innalzamento delle acque si fanno sentire particolarmente vicino alle coste e possono raggiungere anche i 15 metri (come nel celebre caso dell'isolotto di Mont Saint-Michel, sulla costa settentrionale della Francia), mentre in mare aperto non toccano il metro di altezza. Anche la crosta solida terrestre subisce un doppio rigonfiamento la cui altezza, tuttavia, è di soli 10 centimetri.

    L’alternarsi delle maree crea attrito tra gli oceani e il fondo oceanico ed anche tra strati diversi della crosta terrestre. Questo attrito dissipa in calore parte dell’energia cinetica di rotazione del nostro pianeta; la velocità angolare della Terra dunque diminuisce, ed il giorno si allunga. Attualmente l’allungamento del giorno è di appena 16 milionesimi di secondi all’anno. Tuttavia l’effetto cumulativo nel corso del tempo è stato tutt’altro che trascurabile. Una prima evidenza deriva dallo studio di alcuni coralli fossili di 400 milioni di anni di età. I coralli presentano anelli annuali di crescita similmente a quello che accade per gli alberi. Nei coralli, tuttavia, è possibile osservare una serie fittissima di striature che rappresentano anelli di crescita giornalieri. Mentre effettivamente i coralli odierni mostrano 365 anelli giornalieri compresi tra due anelli annuali, nei coralli fossili se ne contano 400. Questo indica che vi erano più giorni in un anno, e dunque che la velocità di rotazione terrestre allora era maggiore, con la durata del giorno pari a 22 ore e 45 minuti. Spingendosi più in là nel passato, si ottengono durate ancora più brevi, come testimoniato dalle rocce sedimentarie antiche. L’alternarsi delle maree ha rilasciato su tali rocce microscopiche striature, tramite le quali è stato calcolato che 900 milioni di anni or sono la durata della rotazione terrestre era di sole 18 ore e 10 minuti.

    Connesso al rallentamento della rotazione terrestre c’è l’allontanamento della Luna. Con buona approssimazione, possiamo considerare il sistema Terra-Luna come isolato (su cui, cioè, non agiscono forze esterne), con la Luna che orbita attorno alla Terra. È noto che in un sistema isolato si conserva il momento angolare (ne abbiamo discusso nelle “Spigolature Astronomiche” del «Giornale di Astronomia» n. 2 del 2008). Tale conservazione impone che, se un sistema rotante si espande, la sua velocità di rotazione diminuisce. Una pattinatrice sul ghiaccio ruota su se stessa sempre più velocemente man mano che porta le braccia vicino al corpo e viceversa (e questo senza che nessuna forza intervenga su di essa). Lo stesso principio si applica al sistema Terra-Luna. In passato, quando la Luna era più vicina alla Terra, l’intero sistema ruotava più velocemente. Ma al diminuire della rotazione terrestre la Luna, a seguito della conservazione del momento angolare, è stata “costretta” a porsi a distanze sempre maggiori. Tornando all’analogia con la pattinatrice, possiamo considerare la Terra come il suo corpo e la Luna come le sue mani: allontanando le mani, il corpo rallenta.

L’odierna velocità di allontanamento del nostro satellite è di circa 3,8 centimetri l’anno. Questa misura è resa possibile dagli specchi lasciati sulla Luna dagli astronauti delle missioni Apollo. Si invia un impulso laser verso questi specchi e si misura il tempo di ritorno (con la precisione di un milionesimo di milionesimo di secondo); la metà di tale tempo moltiplicata per la velocità della luce (~ 300.000 km/s) dà la distanza della Luna con un margine di errore di circa 1 mm. Ripetendo questa misura negli anni si è ottenuta la velocità di allontanamento.

    Consideriamo infine un effetto dovuto alla forza mareale esercitata dalla Terra sulla Luna. È il ben noto fenomeno della rotazione sincrona: il nostro satellite compie un giro su se stesso nello stesso tempo impiegato per compiere una rivoluzione attorno alla Terra. Il risultato, come sappiamo, è che la Luna mostra sempre la stessa “faccia” verso la Terra. In passato, in effetti, la Luna ruotava più velocemente, ma nel tempo la sua rotazione è diminuita per motivi analoghi a quelli che hanno determinato il rallentamento della rotazione terrestre. Oggi, mostrando la Luna sempre lo stesso lato verso la Terra, non vi è più alcuna tendenza ad una rotazione relativa tra le protuberanze mareali della superficie lunare e il corpo centrale del nostro satellite. Pertanto, in assenza di ogni ulteriore dissipazione per attrito, il periodo di rotazione della Luna rimane “agganciato” a quello di rivoluzione.

 


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