Il diagramma di Hertzsprung-Russell
Claudio Elidoro

Il cammino delle precedenti spigolature ci ha portato a definire due importanti caratteristiche delle stelle: luminosità e temperatura superficiale. Il passo successivo non può che essere quello di verificare se le due grandezze sono tra loro correlate.

I primi studi su questa correlazione vennero intrapresi all’inizio del Novecento, in maniera indipendente, dall’astronomo danese Ejnar Hertzsprung e dall’americano Henry Norris Russell. È per questo motivo che i diagrammi di questo tipo vengono comunemente chiamati diagrammi di Hertzsprung-Russell (diagrammi H-R).

Il diagramma H-R, dunque, è un grafico che mostra il legame tra il tipo spettrale (o, se si preferisce, la temperatura superficiale) e la luminosità delle stelle. È ovvio che l’andamento che ci si può aspettare è, grosso modo, quello indicato in fig. 1: all’aumentare della temperatura corrisponderà il progressivo aumento della luminosità e, dunque, della magnitudine stellare.

 

Fig. 1.

 

Quando Hertzsprung e Russel costruirono i primi diagrammi di questo tipo notarono effettivamente la presenza di quell’addensamento di punti che si poteva ragionevolmente sospettare. A questo addensamento venne inizialmente dato il nome di sequenza delle nane, ma il nome definitivo che gli verrà successivamente assegnato sarà quello di sequenza principale.

I due astronomi, però, trovarono anche alcune sorprese.

Anzitutto l’andamento non era proprio lineare, segno inequivocabile che in gioco dovevano entrare in modo decisivo anche altri parametri. Come se questo non bastasse, poi, il grafico segnalava anche la presenza di una classe di stelle le quali, pur possedendo bassa temperatura superficiale, mostravano magnitudini eccezionalmente elevate. Per aggiungere altra confusione, infine, faceva capolino anche uno sparuto gruppo di stelle che, pur emettendo nel bianco, possedevano una magnitudine molto bassa.

Come avviene solitamente in casi simili, ai due gruppi inaspettati venne subito dato un nome. Per spiegare il fatto che alcune stelle più fredde mostravano una luminosità così elevata era necessario ipotizzare uno smisurato aumento delle loro dimensioni. Per compensare la minore emissione energetica per unità di superficie che caratterizza le temperature inferiori, infatti, non c’era altra via che pensare ad un enorme aumento della superficie radiante complessiva, cioè delle dimensioni della stella. Nulla di più azzeccato per descrivere queste stelle particolari, dunque, che introdurre il termine di giganti rosse. La situazione si ribaltava completamente nel caso di stelle molto calde a bassa luminosità. In questo caso le loro dimensioni dovevano essere notevolmente ridotte rispetto alle stelle “normali”. E ci poteva essere un nome più calzante di nane bianche per tali stelle?

L’aumento incredibile dei dati stellari a disposizione degli astronomi non ha assolutamente mutato nella sostanza le carte in tavola. Anche nei diagrammi H-R dei nostri giorni è possibile individuare quelle caratteristiche notate da Hertzsprung e Russell cent’anni fa.

 

Fig. 2.

 

Nella versione proposta in fig. 2, l’asse orizzontale riporta la temperatura superficiale mentre per l’asse verticale vengono date due scale di lettura. A sinistra è riportata la magnitudine visuale assoluta, mentre a destra la luminosità espressa in unità solari. È evidente come nel grafico la parte del leone la facciano la sequenza principale e la classe delle giganti. Più rare sono le supergiganti (bisognava pur trovare un termine per queste stelle ancora più luminose delle giganti ...) ed è appena percettibile la presenza delle nane bianche.

Ma oltre alla semplice – e scontata – correlazione tra luminosità e temperatura (o tra altre grandezze che possono essere ricondotte a queste due) il diagramma H-R nasconde un messaggio ben più importante.

La nostra posizione di osservatori di stelle è veramente particolare. È come se, collocati al centro di in una immensa foresta, ci venisse consegnata una macchina fotografica e ci venisse concesso un minuto di tempo per scattare una serie di fotografie agli alberi che vediamo tutt’intorno. Non è posto alcun limite al numero degli scatti e possiamo rivolgere l’obiettivo in ogni direzione; ci è però proibito spostarci dal nostro punto di osservazione. Al termine di questo minuto, però, ci viene chiesto di utilizzare le informazioni racchiuse nelle fotografie raccolte per descrivere il ciclo vitale degli alberi che vediamo tutt’intorno a noi. Certamente nelle inquadrature del nostro obiettivo saranno capitati alberi di ogni dimensione ed età. Alberi giovani e alberi vecchi, semi appena germogliati e radici ormai disseccate. Ma riuscire da queste osservazioni a ricostruire le tappe della vita di un albero è un’impresa al limite della disperazione.

Per le stelle la situazione è ancora più drammatica: il tempo che possiamo aver avuto e tutto quello che ancora avremo in futuro per raccogliere informazioni è assolutamente incomparabile con la lunghezza della vita media di una stella. L’unica via d’uscita, come per gli alberi, è riuscire a individuare le stelle in diversi momenti della loro vita e da queste osservazioni estrapolare l’intera loro esistenza.

Se ciascuna delle stelle che noi vediamo sta attraversando una fase specifica del suo cammino evolutivo, la prima conseguenza è che il diagramma H-R raccoglie tutti questi momenti in un unico colpo d’occhio. In altre parole: nel diagramma H-R sono rappresentate tutte le tappe dell’evoluzione stellare. Probabilmente mancheranno le situazioni più estreme, ma è fuori discussione che il quadro che ci offre sia sufficientemente completo.

Una seconda e fondamentale conseguenza è che, nel corso della sua esistenza, una stella si “sposterà” sul diagramma. La vita di una stella, in altre parole, può agevolmente essere tracciata sul diagramma HR secondo un percorso definito dai suoi parametri fisici. Ma su questo sarà necessario ritornare con maggiore calma.

 


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